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Anche Mario se n'è andato...

  • ...da Uomo a Uomo...

Lorenzina ha detto, abbracciandomi: -Anche Mario se n’è andato… E nelle sue parole non c’era dispiacere o pena o rimpianto, ma Dolore: solo Dolore, esistenziale, ontologico. Dolore che distrugge ogni speranza, che annienta ogni futuro. Dolore senza fine, senza via di scampo...
Tra la disperazione e la pazzìa, il Dolore ha buon gioco e semina dubbi e incertezze, nebbie e sogni… Svolazza come un’aquila reale abbagliata dal Sole, ma striscia nel nostro cuore di tenera terra -dentro la Terra- come lombrìco o vipera… Senza ritegno.

    Eppure don Pino ha parlato bene. In Chiesa. Gremita di Persone. Ha detto cose belle colte profonde.
Rivolgendosi a Te, Mario -nella bara davanti all’altare, ricoperta di fiori e di lacrime, di sospiri…- ci ha detto che Tu l’avevi fatto cercare qualche giorno fa e che lui si era recato a casa Tua e Ti aveva trovato, sul letto disteso, stanco provato distrutto. E che avevate parlato.
Penso: -Don Pino e Mario. La Religione. L’Ontologìa. Il Mistero che mistèra, come sempre.
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Dalla Tua casa, Mario, alla Chiesa si sale, parecchio. E poi si scende… Lungo il percorso sono stati sparsi fiori vari, rose, petali… Tutto sembrava irreale un sogno una magìa. Sorella Morte si diverte, lo so, da tempo. Ma, è difficile dire perché, quali scopi ha! Se mi voleva distrutto -nostra Sorella- c’è riuscita. D’altronde, sappiamo, bene -con il Poeta- che la morte / si sconta / vivendo…
    La Chiesa di San Luca si trova difronte alla casa natale di Corrado ALVARO. È dirimpettaia, dunque, della Poesìa. È un segno, forse… E la Tua vita non è stata una passeggiata, in discesa… (A)   
Sono le 16:00, circa, del 2 febbraio 2016. Il pomeriggio è pieno di sole: luce chiara, calore benevolo, silenzio ovattato. Una marea, alta, di gente. Si muove, lenta, come per dire: -Non c’è fretta! Febbraio, andiamo! È tempo di migrare…
Le case. Molti sono i giovani, tra i viottoli e le stradine, tra le case antiche, con le finestre chiuse o che sonnecchiano, forse, o che -interroganti- sono annoiate. Tutto sembra irreale, fuori dal Tempo, fuori dalla Storia…
    Gli uomini da una parte, le donne dall’altra. Abitudini usanze antropologìa.
Quando sono arrivato, nel primo pomeriggio, con mia sorella, sono entrato nella stanza dove Tu, stavi. Già chiuso nel Tuo buio -come se ce ne fosse stato bisogno di altro…- anche nel buio della bara (o ’barra’ -e che è lo stesso!- così come la chiamava mio Padre, arbëresh ka Spixana) Tu, Mario, mi parlavi mi dicevi mi sussurravi. Io sentivo ascoltavo. E Ti rispondevo. In un Dialogo senza Spazio senza Tempo…
    Solo dopo averTi accarezzato nel Tuo legno, lucidato a nuovo -marrone come il Dubbio che logora e martella- e dopo essermi seduto accanto -Felicia da una parte della ‘barra’ e Luisa dall’altra continuavano a parlarTi a raccontarTi a ricordarTi- ho notato che la grande stanza era piena di Donne e io solo Uomo.
    Abitudini antropologìa usanze. Non mi sono mosso. Sono rimasto, avvolto nel mio silenzio, mesto triste assente, al mio posto, vicino a Lorenzina e a mia sorella e a Maria di Angelo. Non potevo star meglio, caro Mario!
    Il 27 gennaio sei diventato Nonno. Purtroppo -ahimé!- solo per pochi giorni, perché il 31 sei andato via… Ti trovavi a Reggio Calabria. Isabella ha partorito un bel bambino, che ha chiamato Pietro. Va bene. Le stranezze della vita: Pietro nasce il 27 e Tu il 27 compi gli anni. In verità, hai compiuto tutto!
°**][**°
E i ricordi mi frullavano la testa e vorticavano, enormi. Il film girava -inquietamente- bellissimo, a colori.
    Le ore trascorse nelle nostre case -durante l’Infanzia dorata- a inventarci giochi e a farli, semplicemente e con sincerità. C’era povertà, in giro. E c’era fame… I famosi anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo.
    L’avventura della frequenza dell’Istituto magistrale a Cassano all’Ionio è stata, per Te, breve.    Docenti idioti, alcuni, ce ne sono sempre stati… E c’erano anche allora. E sono capitati a Te e anche a me, che, per mia Fortuna, stringendo i denti e per la passione, convinta, di mia Madre per la Cultura, sono rimasto e ho proseguito gli studi… Tu, invece, no. Scoraggiato maltrattato cacciato hai imboccato la strada dell’Estero (come lo definivamo, allora): hai preso la strada -amara- dell’emigrazione come e con mio Padre, e con Tuoi fratelli Angelo e Ciccio.
Le risate e gli urli, le rincorse e le cadute ka Raji, -lo spiazzo alto della Chiesa del Carmine: la nostra Chiesa, la Chiesa dei Fusca (maestri muratori, costruttori di case, chiese, …)- ogni giorno giocando a pallone, che era di pezza o di cartone o giù di lì, erano il… nostro pane quotidiano. E ci davano Gioia e ci rendevano felici.
Il calcio -caro Mario, sono sicuro che ancora Te ne ricordi- era la nostra passione, smodata esagerata vitale… Tra l’altro, tra i vetri rotti delle finestre delle case limitrofe e le botte dei genitori che, immancabilmente, seguivano…
Tu eri bravo nel dribbling. Eri proprio bravo nel senso, letterario, dell’abile palleggio diretto a liberarsi dell'avversario, eseguito mediante leggeri e rapidi spostamenti impressi alla palla ora a destra ora a sinistra.
Ti giravamo intorno come trottole, incazzati neri, alla ricerca del pallone. Che era -ora di qua ora di là, ora davanti ora di dietro, imprendibile tra i tuoi piedi di campione… E non poche volte le Tue girandole       -i Tuoi fantasiosi origàmi e i Tuoi vorticosi ghirigòri- finivano, pericolosamente, con… lo sgambetto. A cui seguiva, immancabilmente, il litigio chiassoso fatto di spintoni, parole minacciose, ceffoni…
Tonino e Pino, e Francesco Ferdinando Vincenzo Luciano… ci accanivano tutti, nelle partite, come se fosse in palio la Coppa Rimet…
Quella volta -nel campetto dietro la Scuola media dell’epoca, vicino alla grande ‘pigna’- lo sgambetto fu fatto a me. Autore: Pinuccio, lo spilungone alto smilzo ironico… Eravamo alla Scuola media, avevo 13 anni circa. Giustificazione di Pino: -Perché non riesco a prenderti mai la palla!
Mi slogai un piede. Fu una cosa seria. La questione finì male. Francesco mi accompagnò a casa, con una macchina. Immagina mia Madre: la paura la preoccupazione l’ansia… Mio Padre lontano, in Francia: mia sorella Maria, piccola; mio fratello Ferdinando, ancora più piccolo…
E poi un prete -la ‘Provvidenza’?- ogni mattina mi veniva a prendere e mi portava a Scuola, che era assai lontana -quasi fuori paese- dalla mia casa, in Via Santa Maria. Dovevo sostenere, quell’anno, gli esami di terza media. Anche con il buon professor Francesco VICCHIO ka Formosa.
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I sanpietrini risuonavano, muti -come calpestìo tenero d’erbe- ai passi della gente. Tanta!
Pensavo a Tua Madre e a mio Padre -sorella e fratello- e piangeva il mio cuore, che era ormai come una spugna caduta dentro l’acqua… Senza scampo o via d’uscita. Nel labirinto del Minotauro e nel volo arcano del grande Icaro.
 Quante lacrime, Mario!, stamane. Quanti sospiri - sussulti. Grazie… Mi sento meglio. Mi sento crescere maturare. Come Uomo. Alla ricerca della Via del senso e Lui ci sussurra, ancora, anche con il Filosofo  Vincenzo GRISOLÌA ka Sixana: Io sono la Via la Verità la Vita… Il Mistero mistèra. E subissa. Senza pietà!
Siamo andati in Chiesa e siamo tornati. Ma, Tu, Mario, sei andato e non sei più tornato. Hai preso la strada del Camposanto -dove il Tribunale, per la sentenza eterna, ha il Giudice giusto- e hai
Lasciato quella di casa. A cui tanto avevi tenuto. Con i Tuoi sacrifici da Emigrante, in Germania, a svolgere lavori vari. Per mandare qualcosa a casa, mese dopo mese, e per mantenere così la Famiglia: oltre a Felicia -Tua moglie- i figli: Luisa Isabella Vincenzo.
Il Camposanto -Luogo delle Anime- aspetta, non ha fretta. È sempre aperto. È per le quattro stagioni dei dodici mesi dell’anno…
I punti del Cerchio della Vita, nel Camposanto, si congiungono. E i conti tornano. E qui tutto diventa lieve leggero lontano. E le pene e le ansie finiscono di tormentare e, ahimé!, anche le illusioni e le speranze si allontano, con passo in-certo, quiete e in-quiete, sicuramente silenziose: silenziose nel Tempo che tempa, come le tenerissime Mamme di Evgèny EVTUŠÈNKO, che vanno.
Eccole, che vanno -all’Infinito e in Eterno- le Mamme del Poeta con Te, Mario: Arbëresh ka Spixana:
S’ALLONTANANO DA NOI...
S’allontanano da noi le nostre Madri, / S’allontanano in silenzio, in punta di piedi. / E noi dormiamo tranquilli, sazi di cibo / Immemori di quest’ora terribile. / S’allontanano da noi le nostre Madri, a poco a poco / Ma a noi sembra ch’avvenga d’un tratto. / S’allontanano in modo strano / A piccoli passi, su per i gradini del tempo. / D’un tratto scuotendoci, un certo anno, / Chiassosi le festeggiamo nel giorno che son nate. / Ma il nostro zelo tardivo / Né loro né gli animi nostri potrà salvare. / Si fanno lontane, sempre più lontane. / Verso di loro tendiamo le braccia / Come dopo un lungo letargo… / Ma le mani d’un tratto urtano nell’aria: / -Un muro di vetro s’è levato! Siamo arrivati tardi. / È suonata la terribile ora. / Con lacrime segrete guardiamo / Come in silenziose e severe colonne, / S’allontanano da noi / Le nostre Madri.
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Lorenzina ha detto, abbracciandomi: -Anche Mario se n’è andato…
E nelle sue parole non c’era dispiacere o pena o rimpianto, ma Dolore: solo Dolore, esistenziale - ontologico. Dolore che distrugge ogni speranza, che annienta ogni futuro. Dolore senza fine, senza via di scampo... Dolore senza.
Tra la disperazione e la pazzìa, il Dolore ha buon gioco… Amen!
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(A) UNA SCALA DI CRISTALLO di Langstone HUGHES**
Bene, figliolo, te lo dirò: / La vita per me / Non è stata una scala di cristallo. / Ci furono chiodi e schegge ed assi sconnesse, / E tratti senza tappeti sul pavimento / Nudi. / Ma per tutto il tempo / Seguitai a salire / E raggiunsi pianerottoli / E voltai angoli / E qualche volta camminai nel buio / Dove non v’è spiraglio di luce. /   Così, ragazzo, non tornare indietro. / Non fermarti sui gradini / Perché trovi ardua l’ascesa. / Non cadere ora / Perché io vado avanti, amore mio, / Continuo a salire… / E la vita, per me, / Non è stata una scala di cristallo.
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*Poèt - Shkrimtàr ka Spixana / Poeta - Scrittore di Spezzano Albanese
Ispettore emerito-Dirigente, Ministero P.I. / I.U.R.
**(1902-1967. Scrittore statunitense. Di pelle nera. Probabilmente, uno degli Scrittori più importanti della Letteratura nera. Narra interpreta soffre, tra l’altro, la povertà e la tristezza, la sofferenza e l’oppressione del Suo Popolo, ispirandosi anche ai tradizionali canti negri e ai blues…
Corigliano Calabro (Cosenza), 3 febbraio 2016
----- A mio Cugino Mario MONTONE ka Spixana - di Spezzano Albanese (Cosenza)

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