La Società del benessere ci sommergerà? (1 di 3)
- Scritto da Raffaele Fera
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- Pubblicato in Editoriali 2009
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(Pensieri in libertà)
Sono ormai innumerevoli le situazioni che quotidianamente vengono vissute con rassegnazione. Si tratta di casi di malcostume di una società menefreghista che dovrebbero farci vergognare, ma di fronte ai quali nessuno si meraviglia più di tanto; nessuno protesta, anzi, quasi tutti ci adeguiamo in silenzio pensando che, tutto sommato, il problema non ci riguarda più di tanto e che, comunque, non è in nostro potere “fare qualcosa”.
Non sarebbe opportuno, quanto meno, domandarsi se questa nostra società è, per caso, arrivata alla frutta?
I fenomeno non dovrebbe sorprendere più di tanto. Tutte le società nel corso della storia dell’umanità sono nate, sono cresciute evolvendosi e raggiungendo livelli di “civiltà” altissimi se rapportate ai tempi. Ma poi tutte hanno subito un processo di disgregazione, lasciando di se solo la memoria affidata alle opere dell’intelletto. E’ il caso, per citare qualche esempio, della civiltà assiro-babilonese, sumera, egiziana, greca, etrusca, romana, incaica, azteca e di tante altre ancora. E’ quindi naturale pensare che anche quella che noi oggi chiamano “civiltà occidentale” che più di ogni altra ha segnato il cammino dell’umanità, prima o poi si avvierà al tramonto, se già non stia in questa fase.
I sintomi? Sono tanti. In primis il metodo di governo della democrazia (non è una provocazione). Celebre, in merito l’aforisma di Winston Churchill che sosteneva: “La Democrazia funziona quando a decidere sono in due ed uno è malato”.
Di per se eccellente sulla carta, il metodo democratico è sempre più prossimo a divenire nella realtà una farraginosa macchina burocratica bloccata nelle decisioni più vitali, nel vano tentativo di salvare tutte le posizioni più eterogenee. E tutto ciò mentre i più furbi e spregiudicati, prevaricando su tutto e su tutti, tendono a farsi le proprie leggi, calpestando la libertà dei loro simili con i quali dovrebbero, invece, trovare un onorevole “modus vivendi”. Il passaggio dalla condizione di libertà a quella di libertinaggio è sottile e incombe continuamente su ogni nostra azione.
D’altra parte non si conoscono sistemi di governo migliori che siano più capaci di armonizzare le più disparate esigenze di milioni e milioni di cittadini amministrati. Delle teocrazie e delle dittature, neanche a parlarne. La democrazia diretta, per certi versi ancora realizzabile in società numericamente contenute, deve, “obtorto collo”, cedere alla democrazia rappresentativa, con tutti i pregi e i difetti di questo sistema di governo, che tutti conosciamo.
Ma, indipendentemente dal sistema di governo c’è un acme per ogni civiltà, che si raggiunge quando ogni cittadino componente rema nella stessa direzione convinto della bontà della mèta e dal comportamento della classe dirigente che lo rappresenta.
Quando subentra l’egoismo, il menefreghismo, il disfattismo (pressoché tutti gli “ismi” rappresentano negatività), la società si avvia sul viale del tramonto. I valori non più condivisi vengono palesemente calpestati ed il degrado sociale, politico, morale, culturale, si impadronisce dell’azione quotidiana. Naturalmente, anche se non è questo il principale terreno minato su cui oggi si gioca il futuro di questa società, pure bisogna ammettere che il cosiddetto “allentamento dei costumi”, fa sì che il libertinaggio si sostituisca alla più confacente libertà, l’egoismo alla più edificante solidarietà, la bruta violenza al più edificante rispetto della diversità.
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