Spazzatura: un problema educativo
- Scritto da Raffaele Fera
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- Pubblicato in Editoriali 2009
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Ogni Amministrazione, indipendentemente dal suo colore politico, deve affrontare gli stessi problemi con gli stessi mezzi. Quando poi è richiesta la collaborazione o, come nel caso di specie, l’osservanza esplicita di alcune regole elementari da parte della cittadinanza, il problema esula dalla sfera prettamente politica per rivestire i caratteri della educazione alla convivenza democratica, una prerogativa questa che comporta il possesso di una certa dose di senso civico nella convinzione che certe cose si fanno o non si fanno, non solo e non principalmente perchè sono espressamente vietate, ma semplicemente perché si ha coscienza del fatto che le ricadute negative non sono prettamente rivolte agli altri (che altri non sono che il nostro stesso prossimo), ma si ritorcono contro noi stessi che la norma non abbiamo rispettato, dando luogo ad una specie di autolesionismo senza fine che trova come unica giustificazione l’ignoranza pura e semplice del problema.
A questo punto sarebbe, anzi è molto meglio prendere tutti insieme coscienza del problema e rispettare le regole, considerato che la società in cui viviamo è una società altamente consumistica di per se legata alla produzione di enormi quantità di materiali da imballaggio che devono per forza di cose rientrare in un riciclaggio virtuoso, e dare luogo ad un sistema eco – compatibile capace di evitare che la terra diventi un unico deposito di spazzatura: sarebbe la fine annunciata di questa nostra “civiltà del benessere” a cui pure tanti altri popoli che oggi sopravvivono con una ciotola di riso o poco altro, pure aspirano con pari diritti.
Il rispetto delle regole inizia nel momento in cui un bambino butta per terra l’involucro di plastica del gelato che sta per gustare e lo fa nell’indifferenza generale, in primis dell’adulto che in quel momento ha in consegna il minore. Forse anche perchè egli stesso, un attimo prima si è liberato del pacchetto vuoto di sigarette, gettandolo per terra con altrettanta disinvoltura, magari pensando che i cosiddetti “operatori ecologici” l’indomani avrebbero fatto piazza pulita, senza accorgersi di aver sconvolto la mente del bambino che quella stessa mattina aveva appreso dalla sua insegnante che le carte si buttano nell’apposito cestino. E’ poi facile addossare alla scuola le negatività della società, dimenticando che l’alunno entra in classe avendo già un suo bagaglio culturale appreso in famiglia (senza considerare che anche la famiglia non attraversa un buon momento circa i valori di stabilità e responsabilità, demandando in toto le sue competenze ad una scuola che scricchiola) e che delle 24 ore giornaliere, solo cinque ore egli le trascorre in ambiente istituzionalmente vocato all’educazione; un tempo esiguo che sempre più spesso non basta per capovolgere i comportamenti sbagliati appresi in un contesto familiare che spesso denigra quella stessa scuola alla quale si chiede sempre di più e si dà sempre di meno.
E’ senz’altro di vitale importanza mettersi in testa che la qualità della vita nel futuro prossimo, è sempre più nelle nostre stesse mani. Ogni ordinanza sindacale vissuta con lo spauracchio della multa non sortirà mai l’effetto voluto. Si diceva nell’antica Roma: “Faber suae quisque fortunae” (ognuno è artefice del proprio destino). Mai, più di ora , questa visione della vita calza a pennello ad una società distratta da mille interessi basati sull’apparire piuttosto che sull’essere, sulla furbizia piuttosto che sull’intelligenza. Ognuno crede di aver scoperto la scorciatoia che garantisce la felicità per poi accorgersi, magari quando è già troppo tardi, che ha solo sprecato un’occasione, l’unica che viene data alla vita, per essere vissuta degnamente. © Riproduzione riservata
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