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Altro che "poteri forti"! Per rinascere bisogna uscire dall'immobilismo

simonetti 2Gli italiani sono campioni nel complottismo. Hanno raggiunto un'accentuata sorta di immaginazione che distorce la percezione della storia, ritenendo che la “vera verità” sia occulta, nascosta in un luogo oscuro, dove uomini potenti o “pupari”, facenti parte di gruppi di potere “massonico-tecno-finanziario-ebraico” muovono le fila del mondo e fanno e disfano i destini dell'umanità.
In sostanza si ritiene che dietro ogni avvenimento esisterebbe una verità alternativa a quella ufficiale, offrendo una suggestiva ed alquanto fantasiosa interpretazione dei fatti storici, nonché delle vicende pubbliche. Per cui secondo la versione del P.C.I. (Partito complottisti italiano) o del PD (Partito dietrologo) per esempio, il Risorgimento si ridurrebbe soltanto alle mire piemontesi di accaparrarsi l'oro dei Borboni; che Cavour sarebbe deceduto, prematuramente, essendo stato avvelenato per mano della monarchia Francese; oppure che Aldo Moro sia stato ucciso dalla Democrazia Cristiana in combutta con la Cia; che il vero capo della cupola sia stato Giulio Andreotti; oppure che calciopoli sia stato ordito dagli stessi giovani rampolli della Famiglia Agnelli per ridimensionare il potente direttore Sportivo Moggi.


Per cui i complottisti amano rappresentarsi come gli autori della vera storia d'Italia. E di tale patologia soffrono maggiormente i governi nostrani. Difatti, quando si mette male, non appena si vacilla, si cala nei consensi o si viene fortemente criticati, automaticamente si tira in ballo l'ostilità dei “poteri forti”. Ultimamente, al rientro dagli Stati Uniti, l'ex Sindaco di Firenze, Matteo Renzi, si è scagliato contro di essi. Tuttavia non è certo la prima volta che questa espressione viene utilizzata nel linguaggio politico del Belpaese, essendo stata ricorrente nelle esperienze dei 130 governi che hanno segnato la storia d'Italia negli ultimi 150 anni. Circa due anni fa, Mario Monti, componente influente del “gruppo Bilderberg”, quasi alla fine della sua esperienza governativa, si lamentava di “avere perso l'appoggio dei poteri forti” o forse (direi io) si lamentava perché i suoi amici l'avessero scaricato. Mentre invece per Mussolini scagliarsi contro i “Plutocrati” era uno degli argomenti più abusati per infiammare le piazze, come del resto, lo stesso Crispi e Giolitti non disdegnavano di addossare le difficoltà dei propri esecutivi a forze oscure interne, senza dimenticare “l'Unto del Signore” Silvio Berlusconi, il quale in ogni dissenso politico paventava una macchinazione contro di lui ed il suo Governo.
Ma esistono veramente i “poteri forti” in Italia? o sono espressione, soltanto, di una mera mania cospirativa? Sarebbe ingenuo non ammetterne l'esistenza, peraltro, molto spesso invadente, ma sarebbe altrettanto sbagliato dargli una connotazione negativa tout court. Contrariamente all'atavica diffidenza culturale italiana, i “Poteri Forti” devono ritenersi necessari poiché svolgono una funzione di rafforzamento del quadro democratico, a condizione che gli altri “poteri sovrani” siano ben radicati ed efficienti all'interno del sistema.
Per cui non c'è motivo di scandalizzarsi o preoccuparsi della loro immanente presenza, atteso che essi rientrano nel fisiologico processo democratico, tant'è vero che l'art. 79 del regolamento della Camera dei deputati riconosce tali gruppi, prevedendo (anche se in modo molto generico) le audizioni, anche in comitati ristretti, di soggetti portatori di interessi, mentre in democrazie più antiche e soprattutto meno influenzate dalla cultura politica roussseauiana, come quella degli Stati Uniti, il “diritto a far pressione” (o a fare Lobby) è sancito dal Primo Emendamento della Costituzione.
Sennonché appare del tutto naturale e lecito che in un sistema democratico moderno esistano gruppi organizzati di pressione (Lobby) che aspirano ad influire sul processo decisionale delle istituzioni e dei governi.
Difatti, la competizione tra contrastanti interessi deve reputarsi positiva considerato che certamente rafforza la democrazia, rendendola non solo più forte, libera, dinamica, aperta al cambiamento, attrezzata alla sfide del futuro, ma, altresì, la protegge dagli attacchi, dalle speculazioni dei gruppi concorrenti stranieri.
Attualmente, contrariamente al sentire comune, il nostro Paese ha il problema contrario: i poteri forti, purtroppo, non sono veramente così forti! Quest'ultimi, ormai, rappresentano la succursale periferica di poteri (tecno- finanziari) transnazionali.
Paradossalmente i pochi poteri rimasti in Italia sono divenuti troppo deboli.
Ed invero, dopo lo smantellamento dell'impresa pubblica, non c'è stata la sostituzione da parte dei grandi gruppi privati, le nostre aziende sono state privatizzate e scorporate, comportando soltanto la distruzione della grande impresa. Non c'è più il grande sistema delle Partecipazioni statali, delle banche pubbliche. I Gruppi bancari privati trovano grande difficoltà a competere con la finanza globale. Il Gruppo Fiat è ormai uscito dall'orbita nazionale, mentre l'Eni è sotto scacco giudiziario da anni. Il mondo dell'Iri da una parte e di Mediobanca dall'altra non c'è più. Esso un mero ricordo!!! Non è stata costruita una nuova oligarchia politica-economica-finanziaria nazionale che sia in grado di fronteggiare e contrastare le mire egemoniche dei competitors globali.
Quindi altro che poteri-forti. La questione vera “è che non vi sono vere élite o egemonie di qualità, ma solo una congerie disordinata e caotica di ingessature corporative, una miriade di casellanti muniti di veto” (Vedi Ferruccio De Bortoli).
Pertanto, in Italia non si comprende chi comanda. Sembra una nave alla deriva senza capitano e timoniere.
Il vero dramma è proprio questo!
Per cui la sfida di Renzi ai poteri Forti non convince. Pare più un alibi ben congegnato, peraltro, per declinare le proprie difficoltà.
L'azione del Presidente del Consiglio italiano deve mirare a far ripartire la nave-Italia che da almeno 20 anni si è arenata nelle secche dell'immobilismo. Questa è la sfida di Renzi. Essa dovrà essere rivolta contro il partito della conservazione, dell'opposizione al cambiamento che rappresentano i veri ostacoli alla modernizzazione del paese.

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