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Un ricordo di Falcone a 30anni dalla strage di Capaci

Agos

A seguito del “trasferimento obbligato” a Roma alla Direzione Generale degli Affari Penali del Ministero della Giustizia, preparandosi ad essere nominato Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il 23 maggio 1992, moriva Giovanni Falcone, il magistrato simbolo finalmente vincente della lotta dello Stato contro la mafia.
La Strage di Capaci (e successivamente quella di via d'Amelio) ha rappresentato uno di quegli episodi drammatici che hanno cambiato la Storia della Repubblica Italiana la cui reazione dello Stato (e dei corpi intermedi di esso, nonché della società civile) alla vile violenza mafiosa esprime, ormai, un valore fondante della costituzione materiale del paese che rifiuta e non tollera ogni forma di illegalità.

Dopo trent'anni dalla strage di Capaci cosa resta?
Qual è l'eredità più importante dell'ex consigliere istruttore palermitano di cui dobbiamo fare tesoro?
Certamente resta molto!
Il Paese è in debito di gratitudine, avendo raccolto da questi un patrimonio investigativo e valoriale significativo. In primis, Giovanni Falcone ha consegnato la propria smisurata esperienza tecnica, creando un nuovo metodo di lotta alla criminalità organizzata tuttora adottato a livello mondiale. Grazie ai suoi innovativi metodi d’indagine, più moderni, più dinamici, più attivi di quanto fosse abituale (costituzione del Pool - coordinamento tra Magistrati, rogatorie internazionali), il magistrato palermitano ha, di fatto, posto termine alla lunghissima serie di assoluzioni per insufficienza di prove che hanno caratterizzato i processi di mafia negli anni Ottanta in Sicilia. Il super-Procuratore in pectore è stato il precursore degli accertamenti bancari come strumento d’indagine: “Segui il denaro troverai la mafia”, era il suo motto. È stato in grado di ottenere il massimo dalle norme in vigore all’epoca arrivando alle storiche condanne del Maxiprocesso di Palermo, il vero spartiacque nella lotta contro la mafia siciliana. L’Onu nel 2020 voterà la “Risoluzione Falcone”.
Il metodo del giudice di Palermo entra così nella storia ed ispirerà la lotta alle mafie del mondo.
Tuttavia, l'insegnamento altrettanto irrinunciabile che, purtroppo, parte della Magistratura non ha inteso mettere in pratica riguarda il rapporto inconciliabile tra libertà-autonomia del magistrato e potere. Questi era lontano dall'idea di una “Magistratura impegnata” di una “Magistratura politicamente orientata”. Per Falcone il “magistrato resta un servitore dello Stato che indaga cercando riscontri, non mosso da finalità politiche ma dallo spirito di servizio”.
L'indagine non deve mai trasformarsi in strumento di potere al quale il magistrato deve, comunque, rimanere distante, al fine di evitare sconfinamenti di campo, peraltro verificatisi negli ultimi decenni, generando fenomeni degenerativi e deleteri per la tenuta democratica della Nazione.
Il Messaggio, semplice e chiaro, del “Togato Palermitano” va individuato nel fatto che alla partita contro la mafia devono partecipare tutti. Essa non è una questione meramente siciliana o di alcune realtà del meridione, bensì una questione Nazionale non più procrastinabile. Soltanto con il coinvolgimento delle istituzioni e la partecipazione attiva dei cittadini si determinerà un contrasto efficace, nonché un ridimensionamento del fenomeno mafioso. Falcone, difatti, ha sempre sostenuto che: “La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.
Ma ciò che rende speciale Giovanni Falcone, eroe della normalità, è l'insegnamento morale che con il proprio sacrificio ha lasciato: nella vita ad un certo punto ognuno di noi deve scegliere tra il male (che esiste ed è palpabile) ed il bene.
Giovanni Falcone scelse il bene in profonda solitudine.
Ecco perché bisogna rendere omaggio ad un grande italiano, martire per la Giustizia.

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