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Il governo Meloni cambierà l'Italia?

Agos

Ironia della storia, dopo un secolo esatto, Giorgia Meloni, nelle prossime settimane otterrà il conferimento dell'incarico da parte del Presidente Mattarella per la formazione del nuovo Governo, il primo esecutivo di destra della storia repubblicana.
Francamente la narrazione allarmista dei “Nipoti dell'antifascismo” non convince.

Nessuno crede veramente al pericolo di un ritorno al passato, poiché il Bel Paese esprime una delle democrazie più mature ed avanzate del pianeta i cui cambiamenti politici, anche quelli più radicali, rientrando nel fisiologico gioco del pluralismo e della normale alternanza, non alterano certo il quadro democratico.
Entrando nel merito, il prossimo esecutivo sarà espressione di una coalizione di partiti tra cui Forza Italia e Lega (e formazioni centriste minori) che non hanno nulla a che fare con la cultura e l'esperienza totalitaria passata, nonché, in ragione del fatto che appare difficile, alla luce del contesto geopolitico, uno scostamento ovvero un allontanamento dalle tradizionali posizioni dell'Italia, ancorata all'Unione Europea e ad agli impegni sovranazionali che, di fatto, hanno già tracciato il percorso futuro.
Ulteriore elemento riguarda la natura politica del partito stesso di Fdi (Fratelli D'italia), il quale non può certo equipararsi tout court ad un mero movimento politico neo-fascista o post-fascista, come molti vorrebbero far apparire, atteso il processo di maturazione degli ultimi anni, perché i valori ed i programmi dell'anzidetta forza politica esprimono un'adesione sostanziale ai principi liberali e democratici del fronte occidentale.
Come si spiega, quindi, il successo elettorale di Fratelli d'Italia?
In sostanza per essersi sintonizzato a quel sentimento più profondo del popolo italiano ed in particolare della classe media italiana, ormai, distante dalle forze progressiste, incapaci di interpretare i segnali di cambiamento di una società impoverita ed in crisi.
Il Partito fondato dalla Meloni nel 2012, sebbene non abbia spento (con grande ambiguità ancora!) la fiamma tricolore, va, quindi, oltre i classici confini della destra estremista di stampo europeo. Non deve sfuggire il fatto che Giorgia Meloni ricopre il ruolo di Presidente del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei la cui alleanza con la destra conservatrice americana, consolidatasi in questi anni, esprime un blocco sociale, economico, politico e culturale composito, trasversale e (sempre più maggioritario) il cui minino comun denominatore, comunque, va nella direzione di mettere in discussione l'attuale forma del sistema liberal-democratico Occidentale, peraltro oggetto di critica da più versanti.
Sotto accusa vi è il “dispotismo democratico”, reo di aver ridotto, in modo considerevole, le libertà individuali, essendo le attuali democrazie occidentali il risultato della transizione dello Stato da “Garante dei diritti individuali” a “Tutore dei diritti collettivi o sociali”, generando negli ultimi decenni un impoverimento generalizzato della middle class, base ormai del conservatorismo internazionale.
Quindi la “opposizione-rivolta”nnon è soltanto proveniente dall'esterno, dai paesi autoritari come Cina, Russia ed Iran, bensì, anche, dall'interno da parte di quelle forze, comunque, attive, operose e democratiche che, avendo subito una forte regressione negli ultimi decenni (vedi dati statistici), reagiscono al Politically Correct, portando il conto alle classi dirigenti, espressione dell'estabilment nazionale ed internazionale.
Tale processo politico che proviene da lontano (Vedi Reagan, Thatcher, il neocon George W. Bush) ha determinato una migrazione di sempre più i moderati su posizione esplicitamente di destra con l'obiettivo di ritornare ad uno “Stato leggero” nella direzione non della sua scomparsa, ma nella prospettiva di una riduzione del suo ruolo e della sua presenza, di una forte deregolamentazione e di una liberale ridefinizione delle sue funzioni che riducano i poteri e ripristino il primato della società civile e dell'individuo.
Dunque, il serbatoio della destra conservatrice nei paesi occidentali (ed anche in Italia) è rimpinguato dai copiosi voti moderati provenienti dalla classe media, la quale è motivata, ormai, a stoppare preventivamente ovvero chiudere con ogni forma di pericolo (anche potenziale) che possa minare (secondo il loro giudizio) i propri interessi, il proprio status ed il proprio modus vivendi.
Il successo della Meloni, come nel recente passato quello avuto da Silvio Berlusconi, è stato quello di intercettare il “malessere democratico” della middle class, depauperata in questi decenni da scelte economiche e fiscali in suo diretto danno.
Sarà la destra italiana in grado di cambiare trend?
Chi vivrà vedrà!

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