La questione della sanità sul nostro territorio sta diventando un argomento la cui trattazione rischia di diventare banale. Nonostante tutto, ci sono ancora dei “sognatori” che pensano sia possibile ottenere un servizio migliore in favore delle comunità. Fra questi, il sottoscritto, che non si arrende all'idea del “purtroppo questo abbiamo e questo ci teniamo”.
Infatti, non può esistere un atteggiamento del genere finalizzato ad accettare uno stato di cose che, diciamocelo chiaro, ci fa finire alle ultime posizioni della classifica nazionale in tema di servizi finalizzati alla tutela della salute. Come più volte ha sottolineato un altro “sognatore” di questa meravigliosa terra, il medico Ferdinando Laghi, oggi anche consigliere regionale nonché esponente di ISDE International (Medici per l'Ambiente), il problema non sta nel rivendicare “il diritto alla salute” che, come sappiamo bene, non dipende intrinsecamente da terze parti. È molto più opportuno e ragionevole rivendicare il “diritto alle cure adeguate”, cosa che a queste latitudini sembra essere diventata più una questione di favori che non di prerogative. Infatti, liste chilometriche per accedere a esami necessari o a visite urgenti attraverso il Sistema Sanitario Nazionale, hanno gettato il nostro territorio alla rassegnazione più totale, facendoci credere che il privato sia “più giusto” del pubblico. E quando il sistema ti impone di ragionare che è corretto avere quel disservizio, con il tempo non ci farai più caso e tutto diventerà “la normalità”. Sappiamo tutti, però, che questo stato di cose non ci rende giustizia e, invece di pretendere che le cose funzionino, preferiamo rivolgere lo sguardo a centinaia di km da casa per poter superare il disagio.
Per fare un esempio, nell'Africa subsahariana la mancanza di accesso all'acqua potabile è una realtà quotidiana per milioni di persone, soprattutto nelle zone rurali. Le donne e i bambini sono spesso incaricati del compito faticoso e pericoloso di reperire l'acqua. E lo fanno camminando per ore sotto il sole, trasportando pesantissime taniche d'acqua che, una volta portata a casa, potrebbe addirittura essere contaminata. Nonostante tutto, ogni volta, queste persone, non avendo altra scelta, devono “accontentarsi” di questo stato di cose e, ripetutamente, compiere traversate estenuanti per accedere al prezioso liquido.
Pensando alla mia terra, spesso mi sento come quelle persone che ogni volta devono andare a km di distanza per accedere a quello che, in realtà, dovrebbe essere un semplice diritto. E lo sconforto più grande resta sempre lo stesso: vedere i cittadini assumere l'atteggiamento del “tanto ci sarà qualcuno che lo farà al posto mio”!
Girarsi dall'altra parte non serve più a nulla, è tempo di pretendere che i servizi legati alla salute, non quelli legati al divertimento, siano garantiti. Chi governa non può più far finta che “questo non gli riguarda”. La gente ha bisogno di risposte e non di buttare soldi fuori regione. Anche perché, è cosa nota, la migrazione sanitaria ha causato (al 2024) un debito di 294milioni di euro nei confronti di Regioni quali la Lombardia, l'Emilia Romagna e il Lazio. Dato, questo, in netto peggioramento rispetto al 2022. Così, ad esempio, se da un lato lo Spoke di Castrovillari, che serve un territorio vasto (area del Pollino, Sibaritide e Valle dell'Esaro), non viene valorizzato (vedi il servizio di Emodinamica attivo per 6 ore al giorno), dall'altro la mancanza di concorsi e rimpiazzi sta determinando un continuo affanno che impoverisce significativamente una grandissima zona. La mancanza, poi, di guardie mediche e di risposte concrete sul territorio, non fa altro che favorire l'accesso smisurato di “codici bianchi e verdi” ai Pronto Soccorso che, come sappiamo, sono ormai al collasso.
Non difendere il proprio diritto a essere curato fa emergere come il popolo abbia smesso di voler vivere dignitosamente.
La rassegnazione, quando diventa sistematica, non è più pazienza: è complicità.
E allora non ci resta che scegliere se continuare a elemosinare la possibilità di essere curati, come fosse un privilegio, o ricominciare a pretenderla come un diritto sacrosanto. Perché la sanità non è un favore da chiedere in ginocchio, ma una garanzia da esigere a voce alta.