E’ morto il poeta e romanziere russo Eugenij Evtushenko, aveva 84 anni. Era malato da tempo. E’ stato sicuramente tra i poeti più significativi della generazione post stalinista. Giovanissimo esordì con “Gli esploratori dell’avvenire”, opera che subisce le suggestioni della poesia di Majakovskij. Nelle sue opere di denuncia si è scagliato contro gli arrivisti ed i burocrati. Le sue opere più prettamente poetiche, liriche, sono quelle dedicate alla sua terra di Siberia: “La stazione di Zima”, “La centrale idroelettrica di Bratsk”, “Cadono bianche le nevi”. Il suo primo romanzo, “Il posto delle bacche”, è stato pubblicato nel 1981, a cui segue “Non morire prima di morire”. Ha anche diretto film: “Giardino d’infanzia”, “Il funerale di Stalin”.
E’ stato docente di letteratura russa all’università di Tulsa, in Oklahoma. E’ stato sempre critico nei confronti di Stalin ,non un suo sostenitore, ma convinto che un mondo migliore potesse attuarsi solo attraverso il comunismo. In “Arrivederci Bandiera Rossa” è esplicitato questo suo sentimento. Il suo rammarico per ciò che doveva essere e non è stato. Per tutto ciò che si è perso e smarrito nel sangue. Dopo la caduta del muro, la fine dell’URSS, Evtushenko disse: “E’ (“Arrivederci Bandiera Rossa”) la nostalgia per il bambino gettato via insieme all’acqua. Per la nostra speranza infranta di un socialismo dal volto umano. E non si conosce ancora se il nostro capitalismo avrà un volto umano. Per ora non gli somiglia”. E continua a non somigliargli. E’, “Arrivederci Bandiera Rossa”, forse l’opera che più rappresenta Evtushenko, è lo smarrimento non solo di un ideale politico, ma anche di un uomo che ha visto crollare ciò in cui ha creduto: “Due miserie in un corpo solo”, direbbe Gaber…