Scrivere è sempre stato un atto di coraggio, ma farlo in Calabria – lasciando, tra l’altro, le comodità della prosa per cimentarsi con i ritmi del verso – è addirittura segno di eroismo. Se a compiere tale impresa è poi un giovane, il plauso diventa d’obbligo e la riflessione necessaria.
Dinanzi a queste premesse, il libro di Giuseppe Cuda diventa quasi un manifesto, una sorta di appello rivolto ad una gioventù che non si arrende e che, nonostante i problemi atavici della martoriata terra calabra, decide di rimanere al proprio posto cercando di dare un costruttivo contributo civico e culturale.
L’autore percorre con attenzione e spirito critico «la Calabria / delle strade senza fine / assassine» − purtroppo non solo metaforicamente – facendo emergere sprazzi di storia antica e gloriosa, ma anche profonde e insanabili contraddizioni divenute ormai piaghe endemiche della nostra realtà.
Il fortissimo senso dell’impegno porta Cuda a maturare un concreto atteggiamento di ribellione («io non ingoio piuttosto sputo») dinanzi all’omertà e all’ipocrisia, alla corruzione e al malcostume.
Non manca, in questa rassegna di valori civili, il ricordo di figure esemplari che hanno pagato un tributo di sangue in nome della legalità: Peppino Impastato, don Pino Puglisi, Accursio Miraglia, Salvatore Aversa, Falcone, Borsellino e la giovane Lea Garofalo a cui l’autore dedica i delicati versi di “Un grido nel silenzio”.
Tuttavia, la poesia di Cuda non si esaurisce con la militanza e l’attenzione sociale, ma conosce anche un interessante risvolto interiore che rende “Alchimie di versi” una sorta di tavolo operatorio in cui, attraverso l’affilato strumento della parola, vengono sezionati sentimenti e sensazioni che, benché immersi in una società «liquida», mostrano tra le pagine il loro volto più genuino.
Proprio per questo motivo, il giovane autore indaga storie d’amore e di rimpianti, non lesinando corpose stoccate nei confronti dell’orgoglio e del tradimento, ma mantenendo sempre una fortissima attenzione nei confronti dell’umanità – e dunque della precarietà – delle situazioni.
I modelli di riferimento (Neruda, Caproni, Merini) fanno affiorare una solida preparazione del poeta che, come nella migliore tradizione, mescola nei suoi versi il vissuto, la contestazione («ho fatto a botte con la vita») e il proprio retroterra culturale.
“Alchimie di versi” è l’opera di un esordiente, non certo esente da asprezze – in particolar modo metriche e stilistiche −, ma sicuramente si presenta come gradevole lettura ed eccellente incentivo per una letteratura calabrese da tempo agonizzante.
Titolo: Alchimie di versi
Autore: Giuseppe Cuda
Editore: Edizioni Expressiva
Pagine: 70