
Del governatore in pectore della Bce sono appieno condivisibili sia la lucida disamina della situazione economica che le indicazioni sulle opportune ed efficaci soluzioni anticrisi. Ciò nondimeno rinfrancanti appaiono le previsioni ottimistiche sul futuro dell'Italia.
Il titolare di Palazzo Koch, in effetti, pur riconoscendo le reali difficoltà di un paese fermo, con “un'economia insabbiata”, non ha neanche previsto, malgrado ciò, “un declino ineluttabile” del Bel Paese, come da più parti percepito.
Certo che “scommettere sull'Italia” in questo momento storico è, almeno, confortante!!!
Tuttavia, si è in errore a credere ad una ripresa in tempi brevi. L'ipotesi è concretamente insostenibile.
Quindi, il punto di vista del Governatore si muove, certamente, in una prospettiva di lungo periodo, vale a dire in una dimensione storica.
D'altra parte, prescindendo dai giudizi fiduciosi, seppur autorevoli, la crisi economica resta in tutta la sua complessità e drammaticità quotidiana. Essa è contingente ed attuale!!!
Come da più parti evidenziato, il paese è drammaticamente fermo, ormai, da oltre un decennio. Dalla ripresa, avviata circa due anni fa, l’economia italiana ha recuperato, soltanto, 2 dei 7 punti percentuali di prodotto persi nella crisi, mentre la Francia e la Germania li hanno completamente riacquistati ed anche superati. Se, come pare, nei prossimi anni il tasso di crescita dell'economia sarà intorno all'1%, il reddito del 2007 (pre-crisi) sarà recuperato solo nel 2015-2016. Mentre il Pil del primo trimestre italiano è appena positivo, l'economia globale è tornata a produrre a ritmi prossimi al 5%. Nel corso dei dieci anni precedenti (2000-2010), il prodotto interno lordo è aumentato in Italia meno del 3 per cento; del 12 in Francia, paese europeo simile a noi per sistema e popolazione e del 20 in Germania, la vera locomotiva europea. Tale divario riflette integralmente quello della produttività, che in Italia è ferma, viceversa, è salita del 9 per cento in Francia e 18 per cento in Germania (Dati Banca d'Italia-relazione).
Il deludente risultato italiano è uniforme su tutto il territorio nazionale, da Bolzano a Trapani.
Orbene, come più volte evidenziato (vedi “lacrime e sangue...” su diritto di cronaca del 31.12.2010) la nostra economia è in piena stagnazione!!!
Il sistema produttivo ha perso (e tuttora perde) competitività. Crescenti si sono dimostrati i disavanzi nella bilancia dei pagamenti correnti. E' del tutto affievolito negli ultimi anni l'afflusso di investimenti diretti: nel decennio sono entrati in Italia capitali per investimenti diretti pari all’11 per cento del PIL, contro il 27 in Francia.
I progressi salariali sono stati di dimensioni insignificanti, non potendo troppo discostarsi da quelli della produttività.
Tale situazione ha prodotto riflessi negativi sulla domanda interna. Le retribuzioni reali dei lavoratori dipendenti nel nostro paese sono rimaste pressoché ferme nel decennio, contro un aumento del 9 per cento in Francia; i consumi reali delle famiglie, cresciuti del 18 per cento in Francia, sono aumentati da noi meno del 5, e solo in ragione di una erosione della propensione al risparmio, tesa al sostegno delle nuove generazioni.
La nostra economia tuttora ristagna perché il “sistema Italia” è immobile dall'inizio della “Seconda Repubblica”.
Con dati alla mano essa rappresenta l'epoca più oscurantista del periodo repubblicano. Il sistema democratico, fondato sui partiti legittimati dalla sovranità popolare, è stato sostituito da un meccanismo orrendamente atipico nel mondo, basato sulle scorciatoie della cooptazione parlamentare. Dai capi corrente dei partiti si è passati ai notabili delle Holdings ed ai furbetti del quartierino. Le ideologie e programmi politici sono stati tramutati in slogan pubblicitari. Da paese vitale (con tutte le contraddizioni) a paese di plastica.
Il particolarismo è stato elevato, subdolamente ad interesse generale, ingessando completamente la nazione da ogni tentativo o sforzo riformatore.
La “rivoluzione liberale” tanto auspicata dalle forze politiche e tanto necessaria alle istituzioni è rimasta lettera morta.
Il ceto politico attuale, il più impreparato e irresponsabile di tutta l'era repubblicana, senza passione e senza visione, ha dimostrato di non essere all'altezza del compito. Non è stato capace di avviare un processo di modernizzazione, attrezzando il paese alle nuove tecnologie, alla globalizzazione e alla forte competitività sui mercati.
Semplicemente un disastro!!
Per venire fuori da questo pantano bisogna puntare ogni sforzo sulla crescita!!! Tutti gli altri problemi sono in questo momento secondari. Alternative non esistono. Pertanto, si dovrebbe seguire l'esempio tedesco!!!
Occorre una politica di reindustrializzazione e reinfrastrutturazione. Bisogna comprimere le rendite nei settori protetti, ridurre il debito e rilanciare la domanda, intensificando la lotta alla scandalosa evasione fiscale.
Conditio sine qua non per ripartire sono le riforme: istituzionali, fiscale, welfare-state, mercato del lavoro, giustizia, scuola, ricerca, liberalizzazione dei servizi ecc. ecc. (Argomenti trattati in precedenti interventi).
Per realizzare tutto ciò, realisticamente, sono necessari circa dieci anni di sacrifici e lavoro sodo, serio e coerente.
Nel frattempo, l'Italia sta mandando nel macero una generazione dopo l'altra. I giovani di età compresa tra i 20 e i 40 anni sono le vittime sacrificali, senza alcuna prospettiva occupazionale. Il tasso di disoccupazione dei giovani italiani è al 20,2 per cento, superiore di 3,7 punti rispetto alla media Unione Europea. Si assiste ad un fenomeno epocale di regresso, di peggioramento ovvero arretramento di posizione. In effetti, almeno negli ultimi 150 anni, il progresso ha fatto sì che le condizioni economiche e sociali dei figli fossero migliori a quelle dei padri.
Ora, per la prima volta nella storia, viceversa, l'attuale generazione (1970-1990) ha un tenore inferiore rispetto a quella precedente con aspettative non esaltanti, considerato la definitiva precarizzazione del mercato del lavoro.
Altro che era dei bamboccioni!!!
Sarebbe più opportuno chiamarla era degli sfigati!!! Anzi, “di Don Rodrigo” e dei suoi “Bravi”!!!
Perché è ormai il tempo dei privilegi, delle disuguaglianze (in tutti i sensi), dell'arbitrio. La Scala sociale non si sale più. I posti di prestigio e responsabilità sono occupati dall'elite ovvero da coloro che hanno la forza economica per studiare all'estero e pagarsi un master in America.
In Italia il sapere, nonché il saper fare contano pochissimo. Invece hanno peso specifico le amicizie, il tessuto di relazioni, l'onnipresente famiglia, e soprattutto l'assicurazione implicita di non dar fastidio, di aspettare il proprio turno, di rispettare gli equilibri consolidati: vale a dire ciò che fanno o decidono i “compari”.
Ebbene, il problema dei giovani in Italia non è solo economico.
E' stata creata una generazione sfiduciata, demoralizzata, disillusa che non s'impegna perché non trova sbocchi e non vede per sé un futuro. Si assiste ad un aumento dell'emigrazione: molti bravi giovani che se ne vanno all'estero. Non solo i cosiddetti «cervelli», ma anche giovani che, non trovando un normalissimo lavoro in Italia, lo cercano, e lo trovano, altrove. E' di tutta evidenza che dinamiche sociali di tale sorta creano un pericoloso circolo vizioso. Queste spirali si possono arrestare, ma solo se si interviene presto. Se accelerano diventa impossibile fermarle e saranno…!!!