La vita, si sa, è eterna improvvisazione. C’è sempre qualcosa che sfugge o che non si incastra perfettamente, c’è sempre un equilibrio da reinventare ed un nuovo orizzonte da esplorare. Ciò avviene non solo per i GRANDI cambiamenti dell’esistenza, ma è nel vivere quotidiano che le nostre abilità circensi devono palesarsi completamente. Succede di essere migrante. Succede di essere donna. Succede di essere mamma. Succede (e vivendo in Italia è proprio il caso di scrivere succede…) di lavorare. Succede di non avere nessuno che possa tenere Ginevra. E allora l’arte dell’improvvisazione deve esplodere in tutta la sua essenza.
Ho portato Ginevra con me a scuola. Perdendomi nelle molteplici versioni di me stessa: io mamma, io insegnante, io donna, io stanca, io migrante, io pendolare fra tram e treno e nebbia e smog lombardi, io fra ancestrali nostalgie ed espressionismo e follie pittoriche, che mi rapiscono con tutta la loro struggente poesia. Io che mi barcameno fra storia dell’arte e pannolini. Io che improvviso ed invento un giorno che mi vede nello stesso istante mamma ed insegnante. Sono riuscita a fare lezione: ho spiegato per quasi due ore, Ginevra ha giocato. Sono tornata a casa più stanca e trafelata che mai. E quando dopo una lunga giornata Ginevra si è addormentata, ho sorriso a lei, a mio marito, ma soprattutto a me stessa. Fiera di me. Del mio improvvisare. Del mio creare ed inventare nuovi orizzonti, e qualche soluzione.