A Spezzano serve il coraggio di restare comunità

Navanteri

Spezzano Albanese, negli ultimi giorni, ha conosciuto una sequenza di episodi che fanno male al cuore. Il furto sacrilego nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, l’auto data alle fiamme in via Mazzini, lo scippo in pieno centro storico ai danni di una signora, sono tre ferite aperte consumatesi in poche settimane fra settembre e ottobre.

Tre gesti che sembrano dire che qualcosa si è incrinato nel tessuto morale della comunità.
Eppure, anche in un mare di violenza, può ancora esistere una speranza.
C’è una stanchezza collettiva, palpabile, che attraversa le conversazioni nei bar, le chat delle famiglie, la scarsa partecipazione nelle messe domenicali. È la sensazione che il male abbia preso confidenza, che l’illegalità non sia più un’eccezione ma una possibilità. Ma non possiamo rassegnarci all’idea che Spezzano diventi un luogo dove si smette di reagire. La violenza, quando trova silenzio, si radica; quando incontra sguardi attenti e voci unite, si ritrae.
Serve tornare a un senso civico forte, viscerale, capace di rimettere al centro il valore del rispetto reciproco e della solidarietà. Non è un compito solo delle forze dell’ordine o delle istituzioni, è una responsabilità di tutti: di chi vede e non parla, di chi preferisce girarsi dall’altra parte, di chi pensa che “tanto non cambia nulla”.
Il cambiamento, invece, si ha proprio quando la gente inizia a parlarne apertamente, a denunciare, a non normalizzare il disordine. Si cambia quando un cittadino chiama i carabinieri, quando un vicino esce di casa per prestare il proprio aiuto, quando un sacerdote invita al coraggio della verità.
La speranza non è un concetto astratto: è una pratica quotidiana.
È l’educazione dei figli al rispetto e all’empatia. È la cura dei luoghi comuni, delle strade, delle piazze, come fossero casa propria. È la fiducia, fragile ma essenziale, che ci lega ancora. Perché solo una comunità vigile e solidale può diventare più forte della paura.
Questi fatti recenti non sono solo cronaca: sono uno specchio. Ci dicono che Spezzano, per rinascere, deve riscoprire la dignità della coesione. Collaborare con le parrocchie, con le associazioni, con le scuole non per delegare, ma per condividere. È necessario tornare a essere “cittadinanza attiva” e smetterla con il fare da spettatori alla vita degli altri.
Chi delinque deve sentirsi accerchiato non dalle armi, ma da una rete di coscienze sveglie.
L’isolamento dei malviventi comincia quando l’onestà torna a essere contagiosa, quando il silenzio diventa denuncia e la paura lascia spazio alla partecipazione.
Spezzano ha già conosciuto tempi difficili, e li ha superati. Oggi serve lo stesso spirito: non quello della rabbia, ma della responsabilità.
Non basta condannare i fatti, bisogna reagire con gesti semplici e coraggiosi, costruendo ogni giorno un argine morale che impedisca alla violenza di diventare normalità.
In un mare di violenza, c’è ancora una speranza: quella di un paese che non vuole arrendersi, che sa ancora riconoscersi negli occhi di chi soffre e rialzarsi insieme.
La vera sicurezza nasce da qui: dalla scelta, condivisa e quotidiana, di non smettere di essere comunità.

@Riproduzione riservata

L'Editoriale

In un mare di violenza c’è ancora una speranza

Spezzano Albanese, negli ultimi giorni, ha conosciuto una sequenza di episodi che fanno male al cuore. Il furto sacrilego nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, l’auto data alle fiamme in via Mazzini, lo scippo in pieno centro storico ai danni di...

Controcorrente

La Calabria ha scelto Occhiuto, ma a Spezzano?

La valanga di voti ottenuti dal centro-destra in Calabria alle elezioni regionali parla da sé, escludendo in nuce ogni tentativo interpretativo di lettura alternativa del voto ovvero qualsiasi alibi e/o attenuante della coalizione sfidante,...

Lettere alla Redazione

Vivere o esistere?

Perché una donna?

L'angolo del Libro

Una macabra contabilità

Gusto e Benessere

Melanzane ripiene di riso in guazzetto di mare

Pubblicità

Pubblicità