I centri storici dei piccoli paesi -ma non solo- spesso si configurano come aggregati costruttivi attorno a uno o più nuclei di maggior rilievo architettonico che ne esprimono la mansione, il ruolo politico e sociale: palazzi amministrativi, chiese, ecc… La “forma” insita in quelle architetture, nella comunicazione dei ruoli, è simbolo che incarna una funzione cosa che, visivamente, si coglie con chiarezza dagli elementi specifici degli edifici.
Su altri piani -di abitativa popolare per esempio- l’architettura mostra aspetti di essenzialità progettuale legati al soddisfacimento di esigenze primarie, alla risoluzione di problemi pratici, esprimendo un’ingegnosità non di minore importanza.
A questi aspetti mi voglio riferire a commento della decisione dell’amministrazione di Terranovada Sibari di abbattere (sic!) una loggetta di una casa in via Garibaldi, in pieno centro storico. L’architettura che nel corso dei secoli si è ramificata sul territorio non è da considerarsi una sorta di riempitivo tra un nucleo significativo e l’altro (tra il castello e una chiesa, tra questa e un palazzo nobiliare, ecc…), che non ha un intrinseco valore… Al contrario, essa costituisce il tessuto fondamentale della più vasta trama urbana che disegna la fisionomia urbanistica del paese, fatta di peculiarità che, quantunque -come si diceva sopra- espressione di un architettare minimo, disorganico e popolare, è espressione di una funzione che, a sua volta, determina un’estetica, una forma che, in questo caso, si codifica in tipologìa. Infatti, la loggetta in questione è rappresentativa di quel tipo di case comuni che si susseguono senza soluzione di continuità nelle stradine medioevali del nostro centro antico aventi -solitamente- un locale a piano terra, adibito a stalla (catòio) e un altro al primo piano. L’accesso al primo piano era garantito, dalle loggette: una rampa unica di scale che culmina col pianerottolo (spesso, nel tempo, sfruttato a toilette) a volte sovrastato da tettoia. La scaletta esterna, solidale alla facciata, permetteva di non sottrarre spazio a quello già esiguo dell’abitazione fornendo una soluzione a problemi pratici: la volta del sottoscala era, in attesa dello stallaggio, un momentaneo ricovero aperto per le bestie, le scale fornivano l’accesso al piano superiore e la copertura a tettoia era utile per la stagione invernale come per quella estiva, il tutto -a mio parere- con una soluzione formale ineccepibile. Questo accenno, assieme a mille altre ragioni, legate alla salvaguardia dei beni storici (che sono patrimonio della comunità che ci ha preceduto, della presente e di quella a venire, e non nella disponibilità delle bizzarrie delle amministrazioni di turno!!!), dovrebbe bastare a far riconsiderare la decisione scriteriata di cancellare ora e per sempre una tessera di quel mosaico rappresentato dal nostro centro storico su cui, con pervicacia e ignoranza, tutti gli amministratori si accaniscono.
Le “motivazioni” che si adducono, pur di raggiungere lo scopo, confondono, mischiano piani diversi e, comunque, stridenti se non riferiti al contesto (che, ribadisco, è un centro storico medioevale con tutte le caratteristiche positive e negative della conformazione urbana di quel periodo), che è ciò che deve guidare sempre ogni intervento.
Si motiva l’abbattimento della loggetta con una maggiore fruibilità della strada.
1- la strada così com’è permette già il transito regolare dei veicoli.
Si ribadisce: un’autombulanza non passa.
2- In molte altre strade del centro storico non passerebbe un’autombulanza poiché la conformazione urbanistica è quella di un abitato medioevale col quale, ribadisco, per ragioni storiche, bisogna fare i conti.
Si può ribattere: Ma allora per questa necessità non c’è soluzione?
3- Quella proposta non è la soluzione al problema che permarrebbe, per esempio, in situazioni analoghe.
La soluzione non è -come si vuole far credere- affrontare i problemi in modo parcellizzato (l’ideale sarebbe che un’autoambulanza potesse arrivare davanti ogni singola abitazione del paese), ma avere una visione d’insieme che può ottemperare necessità di salvaguardia del patrimonio artistico come quello della salute pubblica. Non tutte le strade del c.s. sono percorribili da mezzi di soccorso: per permettere l’intervento dei mezzi dei vigili del fuoco dovremmo abbattere tutto.
4- Un suggerimento: la parte antica del paese non è così estesa per cui redigendo una “mappa di soccorso”, si potrebbero individuare slarghi preesistenti di stazionamento già percorribili da mezzi quale un’autoambulanza, più o meno equidistanti dai punti inaccessibili alle autoambulanze. Nel caso di cui parliamo, oltretutto, il restringimento della strada ostacola l’avanzamento in profondità solo di pochi metri e non permette una percorrenza oltre la piazzetta S. Pietro.
Poi c’è, da parte del decisore politico, la riflessione, diciamo così, culturale come a dare un fondamento scientifico e credibile a quello che, a mio avviso, sono, fantasticherie. Si fa riferimento, tra l’altro, alle mutate necessità della modernità per cui se le strade prima erano bastevoli al transito di persone e cavalcature, non lo sono attualmente per le nuove necessità per cui il cittadino avrebbe il diritto, in questo contesto (!), di circolare con un veicolo di grossa taglia e, magari, dato che le case sono piccole abbatterne due o tre e tirare su un comodo palazzo a più piani! da qui la contestazione di conservatorismo a chi vede le cose con altri occhi. Mi dispiace deludere gli assertori di codesta pseudo modernità, ma la parola chiave nel caso dei beni artistici e storici è conservazione, appunto; parola che dovrebbe fare da scudo alla facilonerìa, alle opinioni da bar, su certi argomenti, che determinano i destini di un patrimonio che a Terranova è sempre più mortificato.
Lo dico con chiarezza: non è più tempo di buona fede, questo non ci basta più, specie quando le decisioni si mutano in fatti con ricadute irreversibili. Gli interventi di restauro fatti nel recente passato di Palazzo De Rosis, della colonnina (C.so Margherita), il Portale del Teatro sono esempi inqualificabili che più che recuperare un bene lo condanna alla reinterpretazione colpevole di chi non conosce le norme del restauro (v. Palazzo De Rosis).
La verità è che ci si affida a persone o ditte senza qualifica che, non sapendo mettere mano, distruggono in un lampo ciò che i secoli passati hanno fatto con più graduale clemenza.
P.S.
Il decisore polito, comunque, avrebbe trovato, da fine urbanista, anche una soluzione compensativa (per il magnanimo proprietario che si priverebbe dell’accesso alla casa): ricostruire la loggetta abbattuta sul lato della piazzetta S. Pietro.
Tutto ciò ha del fantastico!
Prof. Angiolino Armentano
Docente Accademia di Belle Arti di Napoli