Navanteri

Le elezioni regionali sono alle porte: un banco di prova per la memoria e la coscienza collettiva della Calabria e della Valle dell’Esaro. Una terra di piccoli e medi comuni lasciati soli, abbandonati non tanto al destino quanto al declino.

Bnl

Nessun progetto da parte di chi li amministra, nessuna visione da parte di chi muove i fili in Regione: solo rassegnazione e partenze continue. Il PNRR, grande occasione persa, si è trasformato in colate di cemento inutili.
I ras di paese, mediatori di miseria, dopo aver rastrellato voti nel 2021 non hanno più mosso un dito. Nessuna rivendicazione verso gli eletti, o comunque mai a difesa dei beni comuni. I campioni di preferenze si sono limitati a distribuire mancette: sovvenzioni all’agricoltura, qualche elemosina con i ritagli del bilancio regionale, mai un’idea di sviluppo organico del territorio, mai un minimo di programmazione. ‘Mmasciate per la “loro” gente: questo il compito dei piccoli feudatari locali a presidio dei Municipi.
E Roberto Occhiuto? Il Presidente della Giunta, Commissario governativo per il Piano di rientro e per l’emergenza sanitaria, dal 2021 non lo ha visto nessuno. D’altronde, la vita da influencer non lascia tempo libero: post dopo post, reel dopo reel, like dopo like. Già in campagna elettorale lo si era visto poco: una sola comparsata, a brindare e autocelebrarsi con i sodali di Forza Italia, chiuso in un ristorante. A pochi metri dall’ex ospedale di San Marco, ma senza che gli passasse per la mente di constatare di persona lo sfascio della sanità pubblica che avrebbe dovuto risanare. La Valle dell’Esaro, del resto, è un territorio perfetto per la politica: un bancomat di voti che non chiede neppure il PIN.
Torniamo allora alla sanità, l’ultimo brandello da difendere sul territorio. Occhiuto ha inferto colpi silenziosi, bassi, chirurgici, con il silenzio-assenso dei tanti amministratori locali. Ha confermato le scelte dei Commissari che oggi definisce “cialtroni”. Per esempio, la chiusura del Punto di Primo Intervento, già scritta nero su bianco dal 2016 nella riorganizzazione della rete territoriale. Non è ancora operativa, ma è decisa. Eppure, solo nel 2024 il presidio ha gestito oltre 4.000 accessi, filtrando i casi minori e alleggerendo gli ospedali. Spegnerlo significa lasciare una comunità intera senza filtro. Stessa sorte per il Laboratorio Analisi, destinato alla dismissione.
In questo quadro si inserisce il pastrocchio delle Case di Comunità, con il dualismo San Marco – Roggiano. Occhiuto e i suoi emissari hanno trasformato la sanità territoriale in una guerra di campanile: struttura principale (Hub) a Roggiano e forse una secondaria (Spoke) a San Marco, che negli atti appare e scompare. Risultato: risorse già insufficienti divise in due, così che nessuno dei due presidi funziona. Strategia chiara: mettere territori contro territori, per farli fallire entrambi. Senza contare che i macchinari diagnostici saranno a San Marco e non a Roggiano, impedendo di fatto un funzionamento ottimale.
Poi la vicenda dell’AFT pubblica. Nel 2022 sono iniziati i lavori per adeguare i locali del Pasteur, costo 200 mila euro, per ospitare i medici di base. Tutto scritto nei documenti regionali e aziendali. Servizio mai attivato. Ai medici è stato invece “consigliato” di affittare locali a proprie spese, nello stesso stabile di un centro diagnostico privato. Qui la responsabilità è tutta politica: il commissario alla sanità non ha preteso il rispetto della programmazione, anzi ha incoraggiato queste scelte.
E infine il finanziamento per la mai nata Casa della Salute, la beffa più grande. Nel ciclo 2007-2013 non si è stati capaci di spendere gli 8 milioni previsti per adeguare i locali dell’ex ospedale (ancora con amianto). Soldi restituiti all’Unione Europea nel 2022 da Occhiuto ed altri 8 milioni impegnati sulla nuova programmazione 2014-2020, i quali presto verranno ugualmente restituiti, con un progetto pronto dal 2012. Nessuna spiegazione. Dopo oltre dieci anni, la Casa della Salute resta solo una promessa tradita, uno sfregio alla comunità.
E allora la domanda è semplice: la Valle dell’Esaro continuerà a subire in silenzio, o stavolta la memoria peserà dentro l’urna?

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