Navanteri

Se la si ama con passione, la letteratura è misericordia e grazia, antidoto concreto contro le brutture della Storia e gli automatismi di una routine che spersonalizza il nostro quotidiano, inesauribile miniera da cui estrarre le preziose pepite culturali e spirituali capaci di ritemprare gli animi e di gettare i semi per un mondo più fraterno, fondato sulla consapevolezza di una naturale condivisione di emozioni, sensazioni e modi espressivi che accomunano gli esseri umani a prescindere dalle latitudini e dalle sovrastrutture politiche, economiche, sociali e, finanche, religiose.


Lo stupore di un verso ispirato dagli ineffabili colori del tramonto o la felicità di una prosa in grado di racchiudere un frammento di bellezza sono identici al di là di qualsiasi confine geografico e ciò rende, di fatto, la letteratura un fenomeno realmente universale a cui è demandato il compito ‒ non certo unico, ma sicuramente importante ‒ di raccontare l’essenza più profonda dell’Uomo e le molteplici situazioni che, nel corso della vita, possono coinvolgerlo.
Ne consegue che anche la narrazione di una malattia, benché proposta a lettori in buona salute, possa essere oggetto di interesse e umana compartecipazione, nonché fonte di insegnamenti ed esempio di atteggiamenti positivi ai quali attingere, qualora la fortuna ‒ santa e meretrice al tempo stesso ‒ decidesse di nasconderci il suo volto propizio. 
Mathias Malzieu affida alla penna la provvisoria ma grave infermità da cui è colpito, concependo gran parte delle pagine di Vampiro in pigiama nel grigio isolamento di una camera sterile ospedaliera in cui è trattenuto in attesa di ricevere un trapianto di midollo.
Un’improvvisa e opprimente stanchezza irrompe nella dinamica attività dello scrittore e cantante francese che, dopo un banale esame ematologico, riceve l’agghiacciante verdetto: aplasia midollare. L’inspiegabile cortocircuito biologico blocca la produzione di globuli e piastrine, costringendolo a dipendere da frequenti trasfusioni che lo trasformano metaforicamente nella mitologica creatura a cui fa riferimento il titolo del romanzo.
La linfa vitale si svuota del proprio vigore, sugge ogni energia, si avvelena lentamente, diventando a poco a poco il peggior nemico di Malzieu che, tuttavia, non demorde e si rimette con coraggiosa indisciplina ‒ da buon artista dal carattere turbolento e creativo ‒ all’invisibile potere di aghi che dolorosamente gli trapassano le carni per infondergli nuovo nutrimento e trattamenti ancora sperimentali, sviluppando, al contempo, una crescente riconoscenza verso uomini e donne in camice bianco che, votati ad una generosa missione di cura e di scienza, assumono sembianze quasi divine: «Ogni volta che dalla cannula di plastica mi passa il sangue nuovo nelle vene, è come se Dio mi offrisse da mangiare. Un Dio umano, venuto dopo il lavoro a farmi un regalino prima di tornare a casa».
Tra l’odore acre del disinfettante, i lividi e le epistassi che si presentano nei momenti meno opportuni, Malzieu cede comprensibilmente a passeggeri momenti di sconforto che si materializzano in una figura allucinatoria a cui attribuisce l’evocativo nome di Miss Damocle, richiamo palese all’antico dignitario sul cui capo pendeva una spada sorretta soltanto da un esile crine di cavallo, monito costante contro un pericolo imminente e continuamente presente.
Nonostante ciò, lo scrittore reagisce con l’umorismo e la poesia, armi affilate poste a difesa di una inaspettata fragilità in attesa di «una buona notizia, un’iniezione di stelle, un non so che di luminoso per mirare».
Se il tempo si mostra nemico e vampirizza le speranze, non mancano valenti alleati a cui aggrapparsi: Malzieu stempra la sofferenza attraverso la scrittura e ritrova audacia ripensando alla gioia recentemente assaporata per l’uscita del suo primo film e alla bellezza del desiderabile corpo dell’amata Rosy.
Il sangue e l’inchiostro sembrano fondersi nella beneaugurante premessa di una rinascita e le cellule staminali impiantate nel protagonista, come in un bizzarro gioco di parole, si trasmutano da emopoietiche in «emopoetiche», perdendo una semplice vocale, ma aprendo la strada ad una nuova creatività che coinciderà provvidenzialmente con la guarigione.
Vampiro in pigiama è un romanzo potente il cui messaggio principale consiste nell’esortazione a godere le piccole e, purtroppo, non apprezzate gioie della vita. 
Malzieu ci porge in dono la malattia che lo ha momentaneamente atterrato, senza dimenticare di trasmettere la speranza che scaturisce dall’aver percorso incolume i tristi sentieri dell’inferno.
Il vampiro si trasfigura in Fenice per poi ridivenire uomo, rammentandoci che, in fin dei conti, cadiamo per risollevarci. Ex cinere resurgo.   

 

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