Nelle roventi giornate d'estate calabrese, la politica regionale è scossa dall'annuncio del governatore Roberto Occhiuto che, ieri pomeriggio, contro ogni previsione e fuori da ogni aspettativa, con un video bomba annuncia le proprie dimissioni. Non uno scenario degno dei migliori film di Hollywood ma la piazza del proprio profilo social da cui, lo ricordiamo, ha incentrato la maggior parte della comunicazione sulla sua azione politica.
Un terremoto politico che ha scosso non solo i detrattori del governo regionale, ma anche quelli che, all'interno della stessa maggioranza, hanno provato a indebolirlo dopo l'inchiesta per corruzione in cui è indagato dalla Procura di Catanzaro. Insomma, un colpo di scena che cambia sicuramente la geografia politica regionale e apre a nuovi scenari nei quali, lo stesso Occhiuto, dichiara di voler tornare a essere protagonista.
Si ricandida e rilancia la sua immagine da leader assediato ma risoluto. Il tutto attraverso quella che può essere tranquillamente definita un’operazione chirurgica: prendersi una pausa, recitare il gesto dell’uomo solo che si assume la responsabilità, e tornare alle urne prima che il tempo logori del tutto il consenso. Creando il giusto scompiglio all'interno delle forze di opposizione che, allo stato attuale, non sono pronte a presentare un candidato degno di nota.
E allora, onde evitare azzoppamenti dovuti alle inchieste della magistratura, che in Calabria sappiamo aver sortito effetti su diverse amministrazioni precedenti (anche se spesso si sono chiuse con archiviazioni o assoluzioni), il Presidente ha preferito fare un passo indietro. Questo perché, a suo dire, la macchina amministrativa ha iniziato a vacillare: “Nessuno si assume la responsabilità di firmare niente”.
Il suo è un gesto forte: si dimette per non paralizzare la Regione e si rimette nelle mani del popolo. Ma è anche un gesto che solleva domande. È davvero una dimostrazione di coraggio o è l’unico modo per sopravvivere politicamente? Dimettersi e ricandidarsi potrebbe passare più per un’uscita d’emergenza che non un atto di martirio.
Il messaggio quindi risulta essere inquietante. Occhiuto non si dimette “perché” indagato, ma “nonostante” l’indagine. Il suo è un azzardo narrativo con la visione della politica come fosse un monologo piuttosto che un coro. Come se la democrazia fosse un’appendice del carisma personale.
In questo stato di cose, purtroppo, a emergere sarebbe un'altra verità, quella che vede il sistema essere zoppo, non solo il suo timoniere. Se la Calabria non firma più nulla, se gli uffici pubblici hanno paura anche della carta intestata, allora significa che lo Stato ha smesso di funzionare. In questo caso non bastano i salvatori, ma servono strutture, competenze, senso delle istituzioni. Serve il coraggio di assumersi le responsabilità, altrimenti, Presidente, la macchina amministrativa si blocca! E questo non lo possiamo permettere! Perché nell'amministrazione pubblica non possiamo avere gente priva del coraggio di “assumersi le responsabilità di firmare”. Forse questa sarebbe la prima cura da fornire al nostro sistema Regione.
Ora tocca ai calabresi. Decidere se questa è leadership o semplicemente istinto di conservazione. Se Occhiuto merita di continuare o no.
Ma una cosa va detta: la politica non si gioca nei video. Se davvero Occhiuto vuole restituire alla Calabria una dignità amministrativa, si ricandidi. Ma senza retorica né vittimismo.
Non siamo contro nessuno in particolare, però disprezziamo (parafrasando Occhiuto) tutti quelli che nella propria vita non hanno mai realizzato niente per il posto in cui abitano eppure odiano con rabbia la vita, tifando per il fallimento della Calabria, felici quando della nostra terra se ne parla male. In questo senso, caro Presidente, ha fatto davvero centro, perché siamo circondati!