Una delle strade principali e più eleganti del centro di Cosenza, che unisce Corso Mazzini con la Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù, è dedicata ad Ambrogio Arabia, figura spezzanese tra le più illustri della comunità arbëreshe del primo Novecento.
L’insigne avvocato e politico cosentino, nacque il 1858 a Spezzano Albanese (la cui residenza di famiglia era ubicata in Via Plebiscito, angolo Via Roma), nonno materno, tra l’altro, di Gennaro Cassiani, parlamentare già dalla Costituente, pluri-ministro della Repubblica Italiana, potente esponente della Democrazia Cristiana nazionale.
Laureatosi in Giurisprudenza, Ambrogio Arabia si trasferì a Cosenza al cui ordine degli avvocati della città si iscrisse, patrocinando con importanti risultati sia cause in materia penale che civile.
L’impegno di questi non si limitò esclusivamente alla professione forense bensì a quello di giornalista-polemista, interessandosi ai problemi politico-amministrativi dell'epoca sulla "Cronaca di Calabria" (ed in altri giornali locali), nonché all’attività politica cittadina.
Tra i protagonisti del dibattito politico provinciale insieme a personalità del tempo come Luigi Fera, Pasquale Rossi, Nicola Serra, l’avvocato spezzanese nel collocarsi nell’area cattolica di estrazione liberale, rifiutando le posizioni clerico-moderate, nel 1913 capeggiò la lista del «Fascio democratico», una coalizione anticlericale costituita da elementi massoni, socialisti, radicali e repubblicani.
Nell’anzidetta tornata elettorale fu eletto consigliere comunale e l'11 aprile 1913 divenne sindaco di Cosenza, amministrando la città fino al 18 agosto 1917, dopo aver ottenuto la conferma a primo cittadino con le elezioni del 1914, indette a seguito dell’introduzione del suffragio universale elettorale maschile in Italia.
Il “sindaco Spezzanese” cambiò volto alla città Bruzia, avviandone la trasformazione urbanistica, attraverso l’approvazione del Piano regolatore generale (il primo della storia di Cosenza), nonché la realizzazione dei lavori di bonifica interna facendo arginare i fiumi Crati e Busento.
Tuttavia, per come viene riportato dal “Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea” a cura di Pataleoni Sergi, “Ma la più imponente opera della sua attività di sindaco fu, anche per sua esplicita confessione, la realizzazione - previo l'abbattimento dei vecchi, insufficienti - del ponte di San Domenico sul Busento (per il passaggio da piazza Campanella a Piazza Valdesi) e del ponte di San Francesco sul Crati (piazza Piccola) che congiunge via Galeazzo di Tarsia a Corso Plebiscito, monumentali opere in cemento armato inaugurate, con grande solennità, il 28 giugno 1914 (ancora esiste il ponte di San Francesco mentre il ponte di San Domenico distrutto dagli eventi bellici del secondo conflitto mondiale è stato ricostruito e oggi è noto come ponte Mario Martire) e segni tangibili della sua operosità per una moderna «grande Cosenza» (pensò anche a cimitero, fognature, macello, teatro e altro ancora)”.
Ed ancora:
“Si interessò vivamente alla realizzazione della linea ferroviaria Cosenza-Paola, inaugurata sotto del suo sindacato, della viabilità interna di Cosenza, dell'illuminazione elettrica e della panificazione, dell'acquedotto della situazione finanziaria e della pressione fiscale del Comune, ecc., risolvendo parecchi problemi o avviandoli comunque a concreta soluzione. Nel periodo della sua sindacatura, furono costruite anche diverse strade esterne alla città. A fine giugno 1914 furono inaugurati a Cosenza il monumento a Bernardino Telesio in Piazza Prefettura”.
Nella Prima guerra mondiale Ambrogio Arabia fu interventista e non aderì mai al fascismo.
Socio dell’Accademia Cosentina, questi, tra il 1919 e il 1926, ricoprì il ruolo di Presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Cosenza, carica che, soltanto altri due Spezzanesi rivestirono nella storia, Luigi Cucci (Presidente dell’Ordine degli avvocati del Foro di Castrovillari) ed Alessandro Cassiani (Presidente dell’ordine degli avvocati del Foro di Roma), nipote dello stesso Ambrogio Arabia (bisnonno paterno).
Per comprendere compiutamente l’alto valore e spessore dell’illustre personaggio spezzanese, giova riportare il commento di Filippo Aliquò Lenzi in “Gli scrittori calabresi”: «oratore giurista ed avvocato principe nel campo del diritto civile del diritto penale» e le sue parole trovano riscontro nel necrologio pubblicato subito dopo la sua morte, sulla «Cronaca di Calabria» (Cosenza 4 novembre 1934) ove si legge: «La morte dell'avvocato grande uff. Ambrogio Arabia ha destato nella città e in tutta la provincia un vivo senso di cordoglio. L'illustre estinto, oltre ad essere uno dei più valorosi avvocati del nostro Foro, il cui nome si riattacca alle più fulgide tradizioni della curia cosentina, fu uno uomo di alto intelletto, un perfetto gentiluomo, un amministratore intemerato e sagace. Fu per un decennio circa presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati di Cosenza e della città, fu sindaco benemerito legando il suo nome a moltissime opere di pubblica utilità».
Morì a Spezzano Albanese dove si era ritirato all'età di 76 anni (26.10.1934) i cui funerali furono imponenti, anche per la partecipazione di numerose autorità arrivate dal capoluogo, tanto è vero che “in segno di lutto, a Cosenza furono sospese le udienze e fu commemorato in Corte d'Assise, in Tribunale e in Pretura dagli avvocati Giovanni Caputo e Franco d'Ippolito e dai magistrati Volpi, Panzini, Caputi e Gustavo Iannelli. All'Accademia cosentina venne commemorato dal presidente onorevole avvocato Nicola Serra” (vedi Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea).
Ambrogio Arabia, oltre ad essere stato certamente una delle figure più significative ed autorevoli della Provincia Cosentina dell’età giolittiana avendo contribuito, come professionista, intellettuale e politico, al concreto innalzamento delle condizioni civili e culturali di Cosenza, rappresentò l’iniziatore o il caposcuola di quella cultura politica cattolica di matrice liberale di cui il proprio nipote, Gennaro Cassiani, ereditò idealmente il testimone dopo la caduta del fascismo.
È doveroso non far cadere nell’oblio la storia del prestigioso personaggio al quale la comunità spezzanese non ha inteso dedicare, ad oggi, neanche una via, una piazza o uno spazio pubblico.
Non c’è futuro senza passato.
Come sosteneva Umberto Eco “In un Mondo in cui si è tentati di dimenticare o ignorare troppo, la riconquista del nostro passato collettivo dovrebbe essere tra i primi progetti del nostro futuro”.