Ieri, 24 luglio 2025, è stata una data che dovremmo ricordare non per trionfi scientifici o conquiste di civiltà. È stato l’Earth Overshoot Day, ossia il giorno in cui l’umanità ha consumato tutte le risorse che il pianeta può rigenerare in un anno. Da oggi in poi, per capirci, vivremo a credito. Di nuovo. Come ogni anno, ormai da un po' di tempo a questa parte, sempre un po’ prima, sempre più ciechi.

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Siamo diventati specialisti nell’ignorare l’essenziale. Produciamo, sprechiamo, sottraiamo, ma fingiamo che nulla stia accadendo. Anzi, molti, con l’arroganza di chi misura il progresso solo in punti di PIL, trovano fastidioso persino sentirne parlare. Eppure, la matematica della biosfera non si lascia corrompere né da slogan né da indifferenza: oggi consumiamo le risorse equivalenti a 1,8 pianeti all’anno. Ma, vi sorprenderete tutti, ne abbiamo a disposizione solo uno
Sia chiaro, non si vuole in nessun modo creare allarmismo né tanto meno fare discorsi moralistici che, chiaramente, non ci competono e nemmeno pensiamo. Però l'invito alla riflessione, su una questione più ampia come quella di avere rispetto del posto che abitiamo, in questo week end mi sembra interessante condividerlo.


Ebbene, è utile sapere che ogni anno il 5 giugno, Giornata mondiale dell'Ambiente, Global Footprint Network (un'organizzazione internazionale indipendente fondata nel 2003, con l'obiettivo di aiutare governi e gestire l'impatto ecologico delle loro attività, promuovendo decisioni sostenibili basate sui limiti ecologici del pianeta) annuncia la data per l'Earth Overshoot Day. Come detto, questo giorno è stato ieri e la notizia è quasi passata in secondo piano, se non del tutto inosservata.
Il pensiero che però vorrei condividere parte da questa domanda: siamo davvero una “specie intelligente”? Se lo fossimo, presumo che avremmo imparato la lezione. Invece, ci comportiamo da “civilizzazione di serie B”. 
Non è una metafora! Nel 1964 Nikolaj Kardašëv, astronomo russo, propose un metodo di classificazione delle civiltà in funzione del loro livello tecnologico. La cosa interessante di questa “Scala di Kardašëv” è che classifica le civiltà in base alla capacità di gestire l’energia disponibile sul proprio pianeta. Secondo questa visione, esistono tre livelli di civiltà, di cui il primo è quello di “una civiltà in grado di utilizzare tutta l'energia disponibile sul suo pianeta d'origine”. Oggi, però, la civiltà umana si trova ad essere di “tipo 0,73” e per arrivare al “Tipo I”, quello minimo, abbiamo ancora tanta strada da fare! In particolare, senza essere prolissi ma invitando il lettore ad andare ad approfondire, per raggiungere il primo livello dovremmo, fra le altre cose: produrre energia in modo sostenibile (es. fusione nucleare) e sfruttare positivamente tutte le energie prodotte dal pianeta o annesse: solare, eolico, geotermico, idroelettrico e maree; eliminare gli sprechi, riciclare e riutilizzare tutto ciò che consumiamo; cooperare significativamente a livello globale per raggiungere una maturità collettiva capace di garantire a tutti un accesso equo alle risorse.

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E allora per diventare davvero una "specie intelligente", la domanda che dovremmo porci non è se sopravviveremo all’Overshoot Day, ma quale umanità sopravviverà: quella che continua a vivere come se tutto fosse infinito -terra, acqua, aria, tempo- o quella che inizia a pensare come un custode e non come un saccheggiatore?.
Tocca a noi decidere. Non è solo un compito dei governi, della scienza o delle imprese. È una questione di coscienza collettiva. Di educazione, di scelte quotidiane, di cultura. Di rinuncia, anche. Sì, perché la parola “limite” non è una minaccia: è l’unico modo per restare umani.
Ci siamo abituati a vivere come se il mondo fosse nostro. Ma il mondo non ci appartiene. È un prestito da restituire, possibilmente, in condizioni migliori di quelle in cui lo abbiamo ricevuto.
È questa la vera sfida per chi voglia ancora dirsi civile.
Non servono profeti. Servono cittadini svegli, attivi, consapevoli. Non serve il terrore, ma l’intelligenza morale che stimoli la capacità di fermarsi. Di ricalcolare la rotta. Di capire che la prossima generazione non ha bisogno di eroi, ma di adulti responsabili.
L’Earth Overshoot Day non è un orologio apocalittico. È uno specchio. E chi oggi ha ancora il coraggio di guardarsi dentro, deve chiedersi: voglio essere parte del problema o parte della soluzione?
Perché la verità è semplice: abbiamo consumato il futuro. Ora dobbiamo scegliere se avere almeno il decoro di lasciare un domani degno del nome.

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