La riscossione dei tributi locali, in Italia, è diventata un apparato che soffoca il cittadino. Società private, incaricate dagli enti locali, gestiscono accertamenti, ingiunzioni e pignoramenti con una velocità che non lascia spazio né al buon senso né alla verifica.
È un sistema che non si chiede se un cittadino abbia già pagato o se l’atto sia stato notificato correttamente: esegue e basta! E spesso si sbaglia. Ma quando sbaglia, a pagarne il prezzo non è l’ente né la società, bensì il malcapitato che si ritrova il conto bloccato, le spese legali da anticipare e la dignità calpestata.
La scena è sempre la stessa. Una multa arriva. Il cittadino paga entro pochi giorni. L’ente, però, tra ritardi di ufficio e comunicazioni inesistenti, affida tutto al concessionario che parte come un treno: avviso, intimazione, pignoramento. Senza controllare nulla. Il risultato è un conto corrente congelato per una somma che non è più dovuta. Una famiglia che non può pagare bollette e mutuo. Una corsa dal legale. Una spiegazione che nessuno offre. E una domanda che brucia: perché devo essere io a rimediare agli errori di chi è pagato per evitarli?
La giurisprudenza ha già sanzionato pratiche simili, riconoscendo risarcimenti per esecuzioni illegittime e notifiche viziate. Ma la lentezza dei rimedi rende il sistema ancora più crudele: se ti pignorano ingiustamente oggi, la tua vita si blocca oggi. La sentenza arriverà domani, quando i danni saranno già stati fatti.
Il vero nodo è politico e organizzativo. Gli enti locali delegano, scaricano, si autoassolvono. I concessionari agiscono sapendo che l’errore non intaccherà le loro tasche. Nessuno paga davvero per lo sbaglio, tranne il contribuente. È un meccanismo che incentiva l’arroganza amministrativa, non la prudenza. Che premia la rapidità dell’esecuzione, non la correttezza dell’accertamento.
Eppure, basterebbero poche regole per ridurre abusi e drammi. Come la sospensione immediata dell’esecuzione quando il cittadino presenta prova del pagamento. Come la responsabilità economica diretta del concessionario per gli atti illegittimi: risarcimento automatico, spese legali coperte, sanzioni disciplinari. Come piattaforme trasparenti in cui il contribuente possa verificare in tempo reale il proprio stato debitorio. Come gare pubbliche che non selezionino il prezzo più basso, ma la qualità e la capacità di proteggere i diritti.
La riscossione non è un bancomat. È un servizio pubblico che tratta denaro, vite e dignità. Non può essere lasciato nelle mani di soggetti che operano senza controllo e, quando sbagliano, non pagano. Perché quando un comune affida la forza del pignoramento a terzi, non cede un compito tecnico, cede una parte della sua responsabilità democratica.
Questo non è un grido di rabbia. È un richiamo alla decenza istituzionale. Se lo Stato pretende il rispetto delle regole, allora è lo Stato per primo che deve rispettarle. E se non lo farà, la conseguenza non sarà solo un aumento di contenziosi: sarà la definitiva perdita di fiducia dei cittadini nella macchina pubblica. E quella, una volta pignorata, non si recupera più.
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