Per poter accedere alla terapia con anticorpi monoclonali mi sono sottoposta a specifiche analisi del sangue, successivamente inviate negli Stati Uniti per ulteriori approfondimenti. Il neurologo mi comunicò che i valori relativi all’encefalite erano bassi e che quindi potevo procedere.
Dopo due mesi dall’interruzione della terapia, il neurologo mi disse che avrei dovuto rincominciare a utilizzare il copaxone, e che per gli anticorpi monoclonali se ne sarebbe parlato più avanti, dato che mi avrebbero dato svariati effetti collaterali. Ma allora perché mi aveva chiesto di interrompere la terapia?
Questo mi ha lasciata priva di qualunque copertura farmacologica per due mesi interi ! Nei giorni successivi venni a sapere che un ragazzo, affetto da Sclerosi Multipla, era morto durante un’infusione di anticorpi monoclonali nell’ospedale di Barletta. Non conobbi mai la causa del decesso (malattie pregresse oppure per la stessa infusione), fatto sta che può essere stata questa la causa del cambio di opinione del dottore. Da quel momento iniziai a nutrire dubbi sull’efficacia delle terapie per la Sclerosi Multipla, chiedendomi se fossero davvero utili. Negli anni mi è capitato di vedere tante persone affette dalla S.M. che non si sottopongono a nessuna terapia, qualcuno non peggiora mentre altri sì. Perché accade? È evidente che ogni organismo risponde in modo diverso ai farmaci, ma resta difficile comprendere come alcuni pazienti senza trattamento rimangano stabili, mentre altri in terapia –come nel mio caso– registrino nuove lesioni
Mi ritrovai a dover continuare con il copaxone ed alla visita successiva, il medico mi disse che avrei dovuto continuare così. Non nego che il suddetto farmaco, nel mio caso, non aveva il minimo effetto, ero quindi indecisa se proseguire la cura o no, ma la continuai comunque. Qualche mese dopo mi recai al Policlinico di Bari per una consulenza con una neurologa specializzata in Sclerosi Multipla.
Questa dottoressa lesse il nome del mio medico di Barletta e disse che era stata una sua tirocinante, e che si fidava ciecamente della sua decisione. Allora, insoddisfatta, prenotai un’altra visita con un altro specialista di cui sentii parlare molto bene, mi confrontai con lui e mi disse che avrei dovuto cambiare immediatamente terapia. Secondo lui, però, era ormai troppo tardi per iniziare una nuova terapia: le lesioni erano comparse da tempo e l’avvio tardivo del trattamento rischiava non solo di essere inutile, ma anche di peggiorare la situazione.
Sconsolata da questa realtà, continuai a farmi seguire dal neurologo di Barletta. Avevo capito che i medici possono avere opinioni diverse, ma alla fine sei tu a combattere la tua malattia, sperando ogni mattina di poterti svegliare e svolgere le stesse mansioni del giorno precedente.
Si dice che bisogna essere fortunati nella sfortuna, non potrò mai sapere cosa sarebbe successo se avessi cambiato subito il farmaco. Sarei peggiorata, migliorata o rimasta stabile? Non lo saprò mai!
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