Navanteri

Dopo aver rifiutato la proposta del dottor Sadiq di restare a New York per la fisioterapia, mi rassicurò dicendo che avrebbe contattato un neurologo e un fisioterapista della provincia di Bari. Avrebbero collaborato insieme e io avrei dovuto mandargli una e-mail ogni 15 giorni per informarlo della situazione.

Bnl

Dal primo momento in cui lo incontrai mi ispirò fiducia e speranza come non ne avevo mai avute prima. L’unica cosa che mi lasciò perplessa fu che non ci comunicò subito i nomi dei due dottori di Bari: disse che lo avrebbe fatto via e-mail.
Tornata in Italia, continuai la terapia già intrapresa e l'utilizzo del Copaxone, per evitare possibili ricadute e la formazione di nuove lesioni, insieme alla nuova terapia prescritta dal dottor Sadiq.
I giorni passavano senza alcun miglioramento. Gli scrissi una e-mail per spiegare che la terapia non stava funzionando e per ricordargli di inviarmi i nomi dei due dottori con cui avrei dovuto iniziare il percorso. La risposta fu deludente: mi dissero che era normale non vedere risultati subito. Ma conoscevo bene quel farmaco e i suoi tempi di reazione. Nessun accenno, però, ai dottori promessi.
Dopo due settimane, senza alcun miglioramento, scrissi nuovamente. La risposta fu spiazzante: mi dissero che il dottore non poteva più seguirmi perché vivevo troppo lontano e mi consigliarono di affidarmi a specialisti italiani.
Ero esterrefatta, non sapevo cosa dire. Mi chiedevo se mi avessero presa in giro per tutto quel tempo. Ebbi la conferma quando chiesi se potessero almeno mandarmi i nomi degli specialisti di Bari, e mi risposero che non collaboravano con alcun dottore in Puglia.
Un senso di rabbia e frustrazione mi pervase: mi avevano promesso che sarei tornata a camminare da sola, senza più ausili. Pensavo a quanta cattiveria potesse esserci nel comportarsi in quel modo deplorevole con una persona in cerca di aiuto.
Preferivo –e preferisco tuttora– conoscere l'amara verità, piuttosto che ricevere tante parole dolci inutili.
Un anno dopo ricevetti un’e-mail in cui mi comunicavano che non serviva più alcuna visita di controllo: il famigerato dottor Sadiq aveva pregato per me ed era convinto che fossi guarita del tutto. Mai come in quel momento mi pentii di non sapere parlare bene l'inglese! Anche se non sono né credente né praticante, mi fece ribrezzo il pensiero che qualcuno potesse pregare solo per pavoneggiarsi e dare false speranze a chi ne aveva bisogno.
L’America non è una panacea: anche in Italia esistono cure di ultima generazione e, confrontandomi con il collega di mia sorella – colui che mi aveva consigliato di intraprendere questa nuova cura – constatai che sono anche gratuite.
Spesso ci lamentiamo della sanità italiana, dei lunghi tempi di attesa, ad esempio, senza riconoscerne i lati positivi. Le terapie per la sclerosi multipla, le malattie degenerative e oncologiche sono gratuite, anche se gravano sulla situazione finanziaria del Servizio sanitario nazionale.
Concludo dicendo che, nonostante la maggior parte di noi sia delusa dalla sanità pubblica, nel nostro Paese lavorano medici competenti, che fanno il loro dovere anche se, a volte, manca l’ascolto e il conforto umano.

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