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“Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” è un romanzo scomodo, inquietante sotto molti aspetti, ma capace, a distanza di anni, di far interrogare e riflettere il lettore che vi si accosta senza pregiudizio e con adeguato spirito critico.
Il libro nasce da un colloquio con Christiane Vera Felscherinow, la protagonista delle vicende, la quale racconta realisticamente la sua triste storia a due importanti giornalisti − Kai Hermann e Horst Rieck – che, ben presto, smetteranno i panni degli intervistatori per vestire quelli, stretti ma necessari, degli ascoltatori.
Le pagine scorrono con una certa rapidità, ma la bruttura e il degrado di cui è intrisa l’esistenza di una tossicomane appena adolescente inducono a lunghe e sofferte pause di riflessione.

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Il tema centrale è ovviamente quello della droga, approdo velenoso e illusorio di un’esistenza sventurata che inizia per la giovane Christiane con l’incomprensione familiare e il disagio di un trasferimento. Nella Berlino ovest di fine anni Settanta, la protagonista si ritrova a vivere gli ultimi sprazzi d’infanzia tra i casermoni del quartiere popolare di Gropiusstadt e a subire le angherie di un padre prima violento e poi totalmente indifferente e anaffettivo, tipico esempio di fallimento di una figura genitoriale incapace di instaurare un dialogo costruttivo e rinchiusa in un mutismo orgoglioso e deleterio.
Dinanzi a questa squallida situazione quotidiana Christiane, benché tredicenne, non trova il coraggio e l’occasione di sfogare la sua rabbia e rimane coinvolta in un circolo vizioso di amicizie che la condurranno gradualmente alla degenerazione totale attraverso l’uso di sostanze stupefacenti.
Ovviamente, una volta imboccato il mortifero tunnel dell’eroina, la giovane è costretta a confrontarsi con un mondo − parallelo a quello borghese − fatto di spaccio, furto e prostituzione con la costante ansia di sfuggire alle retate della polizia e l’onnipresente pericolo dell’overdose.
Soltanto dopo numerosi e vani tentativi di disintossicazione, falliti a causa di un ambiente sociale poco comprensivo e di una scarsa conoscenza del problema della tossicodipendenza, Christiane riuscirà, grazie alla caparbietà di sua madre, ad allontanarsi dal mondo della droga e da una Berlino − divisa e imbruttita − capace di riempire il vuoto delle coscienze soltanto attraverso gli illusori paradisi artificiali dello sballo.
“Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” narra vicende di vite mancate e di esistenze stroncate negli aberranti cessi della metropolitana da iniezioni fatali considerate l’unico antidoto contro i mostri di una realtà divenuta troppo opprimente. Un libro dunque datato, ma estremamente attuale, capace di dare un impulso nuovo alle coscienze ormai assuefatte davanti al problema della droga non più considerata come distruttiva via di fuga per giovani insoddisfatti ma diventata, nel contesto della nostra società tecnocratica e globalizzata, vizio più o meno noto di calciatori strapagati, vip e rampolli di storiche famiglie italiane.

Autore: Christiane F.
Titolo: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
Editore: Rizzoli
Pagine: 344

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