A Diane, in qualche modo

Navanteri

“Illuminava un viale”, è così che il maestro Woody Allen, nella sua biografia “A proposito di niente” descrive Diane Keaton. E credo non ci sia definizione migliore per questa attrice, grande attrice, che proprio ieri ci ha lasciati. Sicuramente affascinante e bella, ma non era ciò che illuminava i viali di Manhattan, e forse nemmeno la sua arte recitativa, ma credo la sua essenza.

Bnl

Nevrotica e leggera, impegnata e frizzante, surreale e problematica, da eterna simbiosi con un qualsivoglia (bravo!) analista, al di là di ogni moda, fu lei stessa moda ed icona: inconfondibilmente Diane. O così ci è stata restituita da Allen. Indimenticabile in “io e Annie”, in sintesi è la storia d’amore fra il comico ebreo Alvy Singer e Annie Hall, entrambi condividono instabilità emotiva. È raccontato in modo non lineare, attraverso flashback, dal primo casuale incontro a New York alla vita nel quotidiano, fra le rispettive famiglie e le insicurezze che rendono difficile il rapporto. Fino all’analisi di Singer/Allen sulla chiusura della relazione. La Personalità di Diane Keaton è già tutta lì, pronta ad illuminare ogni inquadratura: camicia e pantaloni maschili, gilet e cravatta, ed i suoi immancabili cappelli. Pronti a sostenere una nuova nevrosi. Elegante, senza volerlo, e quindi realmente tale, imitatissima ma non imitabile, un’estetica, la sua, eccentrica ed autoironica. Come i suoi personaggi. Come Annie, su tutte. Musa ispiratrice del maestro e suo grande amore. E da grande attrice qual era riesce a scivolare dai divani degli eredi di Freud newyorkesi per approdare nella malinconia e disincanta coppoliana: è Kay Adams, fidanzata e poi moglie di Michael Corleone, Al Pacino, ne “Il padrino”. Ed ancora leggera ed intraprendente e divertente ne “ il club delle prime mogli”. In carriera ed ammantata da tenerezza in “ Baby boom”. Irresistibile ne “Il padre della sposa” ed in “perché te lo dice mamma”. Consacrata in una battuta di “Tutto può succedere”: lui (Jack Nicholson): “Che anticoncezionale usi?”, lei, (Diane Keaton): “Menopausa”. Sfidando con ironia e leggerezza, meglio di trattati sociologici, il tabù dei tabù: donne, menopausa, desiderio. Ed ancora in Manhattan basta una panchina, un fermo immagine, una riflessione sull’esistenza, il suo sorriso, ed è subito storia del cinema. E ciò che Diane Keaton era nelle sue interpretazioni è un po' quello che siamo tutte nelle nostre idiosincrasie esistenziali. Diane Keaton del quotidiano, magari con i tuoi stessi stravaganti cappelli e suggestive cravatte, ma non con la tua grazia ironica, magari molto più vicine ad una qualsivoglia Annie di provincia che al tuo meritato successo, comunque sia grazie, per averci raccontate. Con tutte le nostre nevrosi e le nostre leggerezze, fra una seduta dall’analista e un non sempre sussurrato “perché te lo dice mamma!!!”, grazie per aver raccontato le donne complicate ed ironiche, eccentricamente eleganti. Ed in un fermo immagine da una Sicilia barbarizzata la malinconia del disincanto. Ora Diane con il dono della grazia, è dissolvenza in nero, deduco, che come in “io e Annie” il prossimo venerdì sarai impegnata. Ti ho rubato qualche esercizio di stile e di leggerezza: grazie ancora.

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