Nella vita si possono avere diverse fortune, la mia fortuna più grande è sicuramente quella di essere circondata di amiche ed amici che sono famiglia. Se pur incontrati/e in epoche diverse, con una me stessa differente, si sono fra loro integrati/e, seguendo il corso della vita e delle stagioni, e forse anche dei miei umori ballerini.
E sono rimasti/e. E sono ancora qui, a lenire dolori, a regalare supporto, immancabili le risate... Ognuno/a di loro mi regala emozioni ed affetto differente, con ognuno/a di loro ho un rapporto distinto, al di là dell’affetto, parlo di affinità elettive. Fra gli amici ed amiche più cari/e, sicuramente Giulia. Conosciuta 27 anni fa. A Cosenza; universitarie tutte e due, io iscritta al D.A.M.S., lei a Lingue e Letterature Straniere, profondamente radical, sicuramente chic. Io matricola, tu un po' più avanti. Ci siamo piaciute subito? Non so, so però che ci siamo piaciute. Ci siamo riconosciute; la letteratura, italiana (soprattutto quella del Novecento, che un po' decadenti siamo state…) e francese, Pasolini e Baudelaire, nondimeno Shakespeare e Virginia (Woolf, chi se no? Ma noi potevamo permetterci una certa confidenza!), il cinema, il teatro, la politica, la sinistra, la Rivoluzione, ipotizzata, tradita, dagli altri/e, da chi preso il potere ne è diventato schiavo, ma noi schiave non siamo mai state, i CCCP e i Marlene, i concerti all’Arenella, i 99 Posse, Woody Allen e l’analisi, e poi le commedie romantiche: tutte!!! Ed ancora Monica Vitti e Donna Sophia, Almodovar e la Beet Generation. Una cosa ci divideva, eppure non è mai stata motivo di scontro, neanche sui dibattiti etici più sentiti, perché i diritti sono diritti, e tu Giulia cara li hai sempre difesi, i tuoi e quelli degli altri, la fede ci divideva; tu credente e praticante, io atea e dannata. Abbiamo per anni abitato nella stessa casa, attico popolare, alloggio universitario, Commenda di Rende, il Pranno, appartamento 13, 5° piano, senza ascensore, che comunque non avrei preso, e comunque avevamo 20 anni o poco più, e salivamo e scendevamo cantando, verso la vita. Quanta variegata umanità è passata da quel malmesso alloggio, che pure è stata casa, i migliori, la Cosenza bene, i peggiori, la Cosenza malandrina, gli artisti un po' bohemien, fuori tempo massimo, eppure nella realtà: le manifestazioni contro la guerra in Afghanistan, gli arresti, il G8 di Genova, ma anche la leggerezza e la vanità, ed un periodo discotecaro non rinnegato. Eravamo sempre assieme, da per tutto, siamo state anche un binomio: Giulia e Anna del Pranno, Anna e Giulia del Beet, Giulia e Anna della villetta dei Mattoni. E della Nocturn. Sempre assieme, per le strade cosentine, Sceicco (quello che ora è mio marito) con noi, parte di noi, al di là del nostro essere diventati dopo coppia, io, tu e Antonio (eternamente Sceicco) siamo stati tre amici. Gli esami e l’università, l’esame di inglese che non riuscivi a passare, l’esame di letteratura italiana che non riuscivo a passare, eppure di cultura letterarie ne avevamo, ma un po' ribelli siamo state, perché, per dirla con Guccini, “A 20 anni si è stupidi davvero”. Le sigarette e la birra, ancora una volta il verso di una poesia, magari cullate della pioggia, che amavi tanto. Ti piaceva il suo odore, il suo rumore, la sua quiete. Suonavi la chitarra, cantavamo, io stonata: la Bertè, ma anche Fiordaliso; che la nostra anima pop l’abbiamo sempre rispettata, prendendoci il lusso di irridere schemi e cliché, libere, e tu Giulia libera hai saputo esserlo. Soprattutto hai saputo guardarmi dentro, capendo ed amando quella che io definisco la mia dualità; il mio chic snobbismo intellettuale e la mia anima popolare. Donna Filomena, mi chiamavi, attingendo a radici teatrali ed ereditarie, Filomena è il mio nome, ereditato da mia nonna. E poi ci siamo laureate, e no, non ci siamo mai perse. Sei stata la nostra testimone di nozze, Ginevra, che adoravi, ti chiamava zia, eri il mio appuntamento con l’estate, in quel di Crotone, perse nelle sue bellissime spiagge e nella dolcezza del tuo sorriso. Sei stata per me la più bella estate, l’amica migliore che avessi potuto avere, sei andata via troppo presto, l’ultimo abbraccio questa estate, questa fottuta estate che troppo di me ha preso. Ti piaceva molto come scrivevo, me l’hai detto fino all’ultimo, l’ultima volta, che ci siamo sentite, prima del tuo ricovero. “Scrivi, scrivi sempre, Anna”, ed io, con il cuore nuovamente spezzato e mai sanato, sto scrivendo per te, ora che più che mai le parole suonano retoriche. Il dieci dicembre sei andata via. Mi resta quell’ultimo abbraccio e le immagini cariche di vita, bellissima Giulia, dolcissima Giulia, che popolano la mia mente. Questa volta non mi leggerai, ora che scrivo per te, amica mia, riposa in pace, Giulia, non ti dimenticherò.
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