L’ex Presidio Ospedaliero “Pasteur” (d’ora in poi: “Pasteur”), tra la fine del secolo scorso e gli inizi degli anni 2000, è stato un punto di riferimento importante per la Valle dell’Esaro-Fullone, ma anche per la Valle del Crati. Inaugurato come Ospedale Zonale nel 1989, con annessa ASL territoriale, venne intitolato in modo, forse visionario, allo scienziato francese Louis Pasteur, fondatore della moderna microbiologia e scopritore della pastorizzazione.
L’intitolazione dell’ospedale si rivelò, in un certo senso, un segno precursore di un fenomeno microbiologico trasformatosi in fenomeno sociologico: l’immunizzazione. Infatti, così come l’immunità è quel meccanismo che rende gli organismi resistenti a ripetute infezioni prodotte dallo stesso tipo di microrganismi, anche la popolazione di questo territorio sembra ormai divenuta “immune” alla violazione dei propri diritti ed alle infezioni causate da chi detiene il potere. Proviamo però a dare una risposta al questito iniziale, ponendoci anche delle nuove domande.
Ma perché in Calabria si è arrivati a chiudere degli ospedali? Il comparto sanitario regionale ha immediatamente accumulato un deficit finanziario elevato, ancora oggi non quantificabile in modo esaustivo. Di conseguenza, nel 2009 la Regione Calabria è stata sottoposta al Piano di Rientro dal Disavanzo Sanitario. La politica regionale, già dai tempi di Agazio Loiero, ha risposto in maniera miope a questa problematica, applicando tagli lineari, senza considerare, ad esempio, che le cosiddette aree interne sarebbero state tagliate fuori dalla Rete Emergenza-Urgenza, i Pronto Soccorso per intederci. Questi ultimi, per poter funzionare, devono poter contare su una minima struttura ospedaliera di supporto: attrezzature, tecnici, anestesisti, sale operatorie, reparti per degenze. In luogo di programmare interventi mirati ad identificare le fonti del disavanzo finanziario, si è proceduto immediatamente con una politica indiscriminata di chiusure, in maniera tutt’altro che lungimirante. Unico criterio applicato: gli ospedali con i numeri di prestazioni più basse sono stati destinati alla riconversione.
In seguito a un graduale depotenziamento, iniziato fin dagli anni successivi all’apertura e acceleratosi nei primi anni 2000, il numero delle prestazioni effettuate al Pasteur non è mai riuscito a raggiungere cifre altissime. Logica conseguenza della smobilitazione che ha tagliato sempre più servizi. Non si può certo afefrmare che mancassero i pazienti. Tuttavia, i dati statistici sfavorevoli, sublimati dall’iconica visita in Ray-Ban di Giuseppe Scopelliti, hanno segnato il destino dell’Ospdedale.
Non esiste alcuna evidenza che dimostri che il Pasteur, come gli altri degli ospedali chiusi, generasse debiti o non fosse finanziariamente sostenibile. Infatti, i problemi economici erano da ricercare altrove: la cronaca ci ha ormai abituato agli scandali legati ai doppi pagamenti delle fatture in alcune ASP, bilanci “orali” ed altre nefandezze di cui ne abbiamo le orecchie piene. Ancora peggio, non vi è alcuna prova che i servizi del Pasteur potessero considerarsi un vezzo rispetto al fabbisogno della popolazione. Pertanto, la sua chiusura non può essere considerata una misura di correzione delle criticità, bensì un taglio lineare in netto contrasto con il principio di proporzionalità che dovrebbe guidare l’operato della pubblica amministrazione. Questa tesi trova conferma nei numeri, che certificano che negli ultimi 15 anni la spesa sanitaria regionale pro-capite non è mai diminuita: al contrario, ha continuato a crescere.
Ad oggi si può affermare in maniera pacifica che sebbene il disavanzo nei conti sia da imputare principalmente all’inadeguatezza dei metodi di gestione del sistema sanitario regionale, la chiusura degli ospedali è stata l’unica azione pratica (ma inefficace) intrapresa per tentare di riformare il settore.
Dal 2010, a San Marco è stato avviato l’iter di riconversione del Pasteur in Centro di Assistenza Primaria Territoriale, ma il processo non è mai stato portato a compimento. Successivamente, la struttura è stata integrata nella rete delle Case della Salute, anch’essa mai realizzata.