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LAINO BORGO - La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della “Legge Laghi”, norma regionale che imponeva la riduzione forzata della potenza degli impianti a biomassa nei parchi naturali, con conseguenze dirette sulla Centrale del Mercure, nel cuore del Pollino. La sentenza ha acceso un acceso dibattito tra politica e imprese.

Tra le reazioni più nette, quella del consigliere regionale Giuseppe Graziano, presidente di Azione Calabria, da sempre contrario alla norma. «È una giornata storica per la Calabria, per i lavoratori della centrale del Mercure e per tutte le comunità che ruotano intorno a quel presidio produttivo», ha dichiarato. Graziano definisce la legge «irragionevole, retroattiva e scritta solo per colpire un impianto specifico», e rivendica una vittoria che salva «oltre 1.500 lavoratori della filiera forestale». Aggiunge: «La politica ha senso solo quando si mette al servizio delle persone, non delle ideologie».
Toni molto più critici arrivano dall’U.L.I.F. - Unione Libere Imprese Forestali, che chiede pubblicamente le scuse del presidente Roberto Occhiuto. «Il pronunciamento della Corte -scrive l’associazione- smonta punto per punto l’impianto giuridico voluto da Occhiuto e parte della sua maggioranza». U.L.I.F. ricorda che il governatore aveva minacciato le dimissioni se la legge fosse stata anche solo discussa, e oggi chiede: «Cosa intende fare ora? Intende mantenere coerenza politica e trarne le dovute conseguenze?»
Nel documento, l’associazione sottolinea il peso economico e occupazionale dell’impianto del Mercure, che acquista ogni anno 380.000 tonnellate di cippato, sostenendo un comparto da 450 imprese e circa 9.000 addetti. «Chiediamo un atto di umiltà e responsabilità politica: le scuse pubbliche a tutte le imprese, associazioni e amministratori locali che sono stati ignorati e denigrati».
Nel dibattito interviene anche il senatore di Fratelli d’Italia, Ernesto Rapani, che difende con decisione l’atteggiamento di Occhiuto. «Non c’era motivo di correre  -afferma- e oggi possiamo dire che il tempo ha dato ragione a chi ha scelto la cautela. Rinviare l’applicazione della norma ha evitato conseguenze dannose per chi l’aveva approvata». Per Rapani, la scelta del governatore non è stata immobilismo, ma “senso di responsabilità”. «La Consulta -spiega- ha confermato che le Regioni non possono imporre divieti assoluti senza basi tecniche», e ha ritenuto “sproporzionato” l’obbligo di riduzione della potenza per impianti già autorizzati, come quello del Mercure. «Una posizione rivelatasi lungimirante -aggiunge- ha protetto la Regione da conseguenze evitabili». Infine, risponde alle critiche: «Chi continua a strumentalizzare il tema dell’impianto dovrebbe guardare ai risultati. La Regione ha agito con buon senso. È ciò che si chiede a chi governa».
I segretari Michele Sapia (UST CISL Cosenza) e Raffaele Bavasso (FLAEI CISL Calabria) commentano la sentenza della Corte Costituzionale: «Salvaguardato il lavoro e tutelata la dignità del territorio -scrivono-. Accogliamo con soddisfazione la decisione che ha annullato una norma ingiusta e retroattiva, evitando la chiusura della centrale del Mercure e la perdita di oltre 1.200 posti di lavoro legati alla filiera forestale. È una vittoria per lavoratori, famiglie e comunità, che hanno difeso con determinazione il diritto al lavoro e allo sviluppo sostenibile. Ora serve una nuova fase basata su investimenti, programmazione e garanzie per trasformare la centrale in un motore di crescita duraturo per la Valle del Mercure e l’intero territorio cosentino. La tutela dell’ambiente deve andare di pari passo con il diritto al lavoro; la politica impari a mettere dialogo, legalità e persone al centro delle scelte».
Dalla politica regionale ai rappresentanti delle imprese, la bocciatura della Legge Laghi segna uno spartiacque che potrebbe avere ripercussioni anche nei rapporti tra istituzioni e territori. Mentre i lavoratori esultano per il mantenimento del posto di lavoro e le imprese tirano un sospiro di sollievo, restano aperti interrogativi politici.

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