SPEZZANO ALBANESE - Dopo tanta attesa, l’incontro di venerdì 21 novembre a Spezzano Albanese, molto partecipato e ricco di contenuti, ha ospitato la nuova tappa del tour letterario di Emanuele Armentano, che ha presentato il suo libro “Barche di sabbia”, con mons. Francesco Savino e i protagonisti del volume, Abubacarr Conteh e Ousman Susso.
L’incontro è stato moderato dall’assessore alla Cultura Rossana Nociti, con i saluti del sindaco Ferdinando Nociti e l’analisi critica del libro a cura di Mario Gaudio. Armentano ha raccontato la sua emozione: «Ho portato tanti scrittori a battesimo; oggi tocca a me». Dopo aver motivato l’assenza di Mimmo Lucano per impegni istituzionali, ha ringraziato l’Amministrazione: «La sinergia è fondamentale anche quando si parte da idee diverse -ha detto-. Continuerò a impegnarmi per il territorio, oggi con voi al governo e domani con chi verrà». È seguito il dialogo con l’avvocato Simonetti sulla costruzione del libro; Armentano ha ricordato le parole dei due giovani gambiani definendoli i suoi eroi: «La nostra storia rappresenta quella di tutti i giovani che affrontano lo stesso viaggio». Sono diversi i temi chiave trattati, dal razzismo al legame tra Abubacarr e Ousman, dalla paura del diverso alle difficoltà vissute. Alla domanda di Simonetti sull’esperienza per arrivare in Italia: «Ne è valsa la pena?», Abubacarr ha risposto: «No. Se tornassi indietro non rifarei il viaggio. È come se fossi tornato in Africa». Infine, mons. Savino ha aperto con una provocazione, indicando una bambina in sala: «Che mondo stiamo preparando per lei?», ponendo l'accento sul debito economico ed ecologico che i bambini non sanno di avere. Ha ricordato che l’Arbëria è una prova storica dell’integrazione: «Se è stata vera per gli albanesi, non può esserlo anche per gli africani o altre etnie?». Ha richiamato il valore della memoria: «Abbiamo dimenticato di essere stati immigrati anche noi». Ciò che preoccupa Savino come pastore è la “negazione dell’altro” e il “narcisismo patologico” che oggi caratterizza la società. «Che fine ha fatto la fraternità?». Rimarcando eventi storici quali la caduta del Muro di Berlino e la tragedia di Gaza, come metafora di disastro antropologico, ha sottolineato la necessità di costruire un nuovo umanesimo volto a integrare il prossimo. Chiaro è stato l'invito a diffidare della propaganda, intesa come “negazione della realtà”. Puntando sull’etica della responsabilità rispetto a quella della convenienza, ha espresso rabbia per la situazione degli stranieri, riferendosi ad Abubacarr: «Mi vergogno perché ha detto che non tornerebbe in Italia. Gli immigrati sono il luogo dove toccare la carne viva di Cristo e il Mediterraneo un cimitero senza lapide, dove non faccio più il bagno. Il libro di Emanuele è un atto controcorrente, contro la propaganda». Poi ha chiesto trenta secondi di silenzio, ha abbracciato i due protagonisti gambiani e ha concluso tra applausi scroscianti: «Vorrei essere come voi».
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