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Anna De Blasi

Anna De Blasi

Impressioni di settembre (e la scuola materna)

Anche questo anno, come ogni anno, l’estate è finita. Anche questo anno, come ogni anno, è tornato settembre con tutto il suo carico di malinconia, e di ri-inizio, d’altronde settembre è un po’ un capodanno morale. È il mese che dopo la lunga pausa estiva tutto riprende, guccinianamente il “mese dei ripensamenti sugli anni e sull’età”. Il mese delle perplessità. Ed io, come ad ogni settembre, mi sento un po’ personaggio in cerca d’autore, e mentre provo a divenire autrice di me stessa, sistemando vari pezzi di me, l’abbronzatura, (dato il mio essere quasi diafana) conquistata a fatica, velocemente svanisce, ed il caldo persiste. Questo settembre ha da subito un nuovo inizio: la scuola materna di Ginevra. Lei assetata di vita ha accettato con entusiasmo la novità. È felice! Non un capriccio, non una lacrima. A dire il vero è anche stata preparata all’evento. Nessuna lacrima da parte di nessuno: i bimbi hanno il diritto alla libertà, a stare fra simili, poi per essere sinceri sinceri uscita dalla scuola materna una lacrimuccia ha fatto capolino, ma gli occhiali neri da diva hanno molteplici funzioni. E così le mie, le nostre, giornate diventano più frenetiche e piene: sveglia alle 6.00, tram, andate e ritorni, ed in men che non si dica siamo passati dai CCP a “Caramella, caramella”... La vita fa il suo corso. Il punk rock cede il passo alla poetica infantile di mia figlia. Le nostre serate si dipingono di colori, giochi, entusiasmi, un eterno asilo dalle nevrosi adulte, anche dal mio cercarmi, trovandomi, pur senza impegno, nelle note di “Buttiamo la tristezza dal balcone”, e allora sì, Ginevra cara, hai ancora una volta ragione tu: incertezze, titubanze settembrine, buttiamole tutte via, dalla finestra, perché questo tuo nuovo inizio sta insegnando anche qualcosa a me: rientrare in contatto con il nostro aspetto ludico. Respirando la vita. Facendoci anche accarezzare da essa. L’aria settembrina presto cederà il posto a questa lunga estate, i colori dell’autunno ci avvolgeranno come un caldo abbraccio, tutto riprenderà, assieme ai tuoi sorrisi, alle tue canzoni, ed io, fra articoli rimandati, lavoro, stress mammesco, ancora troverò ristoro nel mio vederti crescere: Buon inizio Ginevra. Buona vita, sempre.

Ginevra, ad esempio...

In un caldo pomeriggio di estate navigando in rete mi sono imbattuta in un post su facebook. Un post che avrei potuto scrivere io, d’altronde tanti pensieri altrui in qualche modo ci appartengono. Nel suddetto post viene descritta una giornata in piscina di una mamma con prole a seguito. La mamma in questione è preoccupata perché suo figlio vivacissimo gioca e “disturba”, dopo averlo vanamente ripreso rassegnata capitola. La titolare del post sostiene che il bimbo non disturbava affatto, era semplicemente vivo. E che anche lei si è trovata nella situazione di chi capitola difronte all’ineluttabile vivacità dei più piccoli. Anche io non posso fare altro. Ginevra canta, gioca, balla, ingoia la vita e ce la vomita addosso.

Alì: la leggenda del pugilato

“Non sono andato nel Vietnam perché credo che ognuno abbia il diritto di vivere tranquillo nella propria casa. Non vedo perché uno solo di noi neri americani che sono privi della loro terra avrebbero dovuto andare a combattere contro chi stava tentando di difendere la propria terra”. Così parlò Muhammad Alì. La leggenda del pugilato ci ha lasciato il tre Giugno scorso. Aveva 74 anni. Era malato di Parkinson. Troppo facile, e forse non del tutto veritiero, sostenere che il combattimento più importante è stato perso da Alì. Perché Alì questa battaglia l’ha vinta, anche solo per il coraggio e la dignità avuti nel mostrarsi malato, ammantato della sua fragilità, così come lo fece della sua forza. Non fu solo un pugile. E’ sicuramente riduttivo parlarne in questi termini.

Un perdente di Successo: addio a Giorgio Albertazzi

Il 28 maggio scorso è morto Giorgio Albertazzi, aveva 92 anni. Attore e regista. Ha calcato le scene fino all’ultimo, dimostrando estrema bravura, maestria, lucidità. È stato uno dei primi divi televisivi: acclamato, bello, affascinante, supponente, sfacciato, vanesio. È stato protagonista di letture poetiche e di sceneggiati di grande successo. Nel 1943 aderì alla Repubblica di Salò, nel 1945 fu arrestato per collaborazionismo e trascorse due anni in carcere, grazie all’amnistia voluta da Togliatti fu liberato nel 1947. Albertazzi non rinnegò mai la sua adesione alla Repubblica di Salò, ed è ovvio (e giusto: il fascismo è anticostituzionale, è un crimine non un’ideologia, come sosteneva Pertini) che ciò creò non poche polemiche. Giorgio Albertazzi ha sempre sostenuto di aver combattuto per l’Italia, dichiarando che sia i repubblichini che i partigiani “Hanno abbracciato una posizione di dignità, di morale e di fermezza”.

Ciao, Marco (Pannella)

La politica, così vituperata, pur con “qualche” ragione, può anche regalarci uomini coerenti e battaglieri. Sicuramente esempio di tale coerenza è stato Marco Pannella, che ci ha lasciato il 19 Maggio scorso. Marco Pannella è stato, dagli anni Settanta fino al suo ultimo respiro, un uomo coraggioso e controcorrente, capace di scuotere le coscienze di un’Italia borghese, bigotta e clericale. Lottando per uno dei principi della nostra costituzione: la laicità dello Stato. Al di là del nostro intimo sentire è questa la verità: lo Stato italiano è laico, Marco Pannella più volte ce l’ha ricordato. Lottando e difendendo quella laicità di cui tutti facciamo uso. Aveva 86anni. Era malato. Gravemente. Ma restava ironico, coerente, in qualche modo istrionico. Il suo ultimo messaggio: “Continuate”. Quasi evangelico. Un evangelismo laico. Libero. Sue le battaglie per il divorzio, l’aborto, la legalizzazione della cannabis (per questo fu anche arrestato: aveva distribuito marijuana, atto provocatorio, di “disobbedienza civile”, come lo stesso Pannella lo definì, contro il proibizionismo), il diritto ad una morte dignitosa, il referendum sul nucleare, le condizione delle carceri, dei detenuti, una sua costante. Ha scosso la politica italiana, il suo provincialismo feroce, e le nostre coscienze a suon di referendum e scioperi della fame e della sete. Sua anche la provocatoria (e forse discutibile, ma sicuramente abbiamo visto di peggio) scelta di far entrare in politica Ilona Staller e Moana Pozzi. Ha stupito, ha indignato, sicuramente ha cambiato la storia del nostro Paese. La coerenza sui diritti civili non è mai diventata coerenza ideologica: era un radicale, liberista, libertario, un po’ a destra un po’ a sinistra, con qualunque schieramento potesse appoggiare le sue battaglie, renderle realizzabili, del tutto indifferente al resto. Chi vi scrive ha un’altra idea della politica: mi schiero, sempre, e da un’unica parte. Chi vi scrive, pur convinta della “giustezza” ideologica, dello stare, liberamente, da una parte o dall’altra, non può non riconoscere in questo oscillare pannelliano l’essenza delle sue battaglie: l’importante era realizzarle. Rendere concreto quel concetto di libertà ancora troppo aleatorio. E allora grazie caro Marco. Grazie per il divorzio. Grazie per l’aborto. Grazie per l’attenzione agli ultimi. Ai detenuti. Alle donne.  Grazie per aver lottato per una morte dignitosa. Per il referendum sul nucleare. Per aver lottato per la legalizzazione della cannabis. Per tutti i diritti civili che testardamente hai difeso. Per non esserti arreso. Mai. La società italiana ti deve tanto. Ciao, Marco (Pannella).

Di infanzia e di anarchia…

I bambini per loro stessa natura sono anarchici: del tutto refrattari alle regole, meravigliosamente istinto. La mia, di bimba, poi nell’anarchismo eccede, ma credo sia una questione genetica. L’importante è che segua tre regole (fondamentali per la nostra sopravvivenza): tenermi la mano quando usciamo, mangiare seduta, andare a dormire presto. Per il resto si naviga un po’ a vista con buona pace di consigli non richiesti, manuali di pedagogia, e tata Lucia. I cartoni sono una costante del nostro viver quotidiano (sforiamo di gran lunga la mezz’ora consigliata), “Masha ed Orso”, così come Peppa Pig onnipresenti.

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