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La Memoria di Ferramonti e le discrasie umane In evidenza

  • Enti divisi in cerca di un punto d'incontro
La Memoria di Ferramonti e le discrasie umane

TARSIA – Mentre i riflettori pian piano si spengono sulla appena trascorsa giornata della Memoria in quel di Ferramonti di Tarsia, molte continuano ad essere le divisioni che si registrano sul Campo di Concentramento. Seppur il primo cittadino di Tarsia Roberto Ameruso ha chiaramente spiegato come l'Ente comunale sia “l'unica istituzione ad essere legittimata dal consenso popolare”, evidenziando, quindi, che essa resta “l'unica istituzione a portare la questione Ferramonti su tutti i livelli istituzionali, nessun altro -aveva detto- è legittimato da parte del comune ad utilizzare il sito o il nome di Ferramonti diversamente da quello che è l'aspetto istituzionale”, pare che la questione sia rimasta ancora aperta.

Infatti, oltre al comune tarsiano ci sarebbero altre due realtà che farebbero capo a Ferramonti. Fra queste sicuramente la Fondazione “Museo Internazionale della Memoria Ferramonti di Tarsia”, presieduta da Franco Mari e che negli anni passati, sotto la guida di Franco Panebianco, è stata il vero motore per le giornate a Ferramonti. Ebbene, come spiegato dal sindaco Ameruso, oggi la scissione è chiara e legittimata dal consenso dell'intero consiglio comunale. Quel che non è chiaro è che ruolo e in che modo la Fondazione potrà continuare il proprio operato. Sì, perché nonostante una manifestazione sia stata organizzata domenica 31 gennaio nei locali dell'ex Campo di Concentramento da parte della Fondazione, questa non ha previsto, nel manifesto ufficiale, i saluti del sindaco. Cosa che, a quanto pare, non è stata ben digerita da Ameruso che, comunque, ha presenziato all'iniziativa. A cosa siano dovuti questi stati di tensione non è ancora del tutto chiaro. Sta di fatto che nel mese di novembre scorso la Fondazione ha inviato, al sindaco di Tarsia e alla Commissione consiliare per la “valorizzazione dell'ex campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia”, una missiva nella quale si prendeva atto «della dichiarazione di recesso, esercitata dal Comune di Tarsia con delibera consiliare n. 27 del 30.09.2015 i cui effetti si produrranno nei tempi previsti dall'art. 24 comma 2 del codice civile». Nello stesso documento, inoltre, la Fondazione rinnovava «la disponibilità di realizzare una fattiva e costruttiva collaborazione (sempre nel rispetto delle singole autonomie), finalizzata al consolidamento del patrimonio civile e culturale che il predetto sito rappresenta, nonché al rafforzamento dei servizi connessi». La stessa Fondazione, inoltre, si rendeva disponibile a «mettere a disposizione il proprio patrimonio mobiliare esistente nell'ex campo di concentramento, per consentirne la piena fruizione ai visitatori del luogo, essendo beni di alto interesse storico, allestiti in oltre un decennio di serio lavoro scientifico». In virtù di ciò, quindi, si auspicava in un incontro per «verificare la sostenibilità di un'eventuale regolarizzazione dei rapporti, definendo, altresì, tutte le questioni ancora aperte che la mera dichiarazione di recesso non ha rimosso, né tanto meno risolto». E se queste dovevano essere le buone intenzioni della Fondazione, che come scritto è proprietaria di beni presenti nel Campo, a quanto pare nessuna risposta o riscontro è stato dato da parte dell'Ente comunale. Così, mentre nella giornata della Memoria si predica a più livelli la logica dell'unione e dell'integrazione fra i popoli, nei fatti sembra che questa unione fra le realtà del territorio sia difficile da trovare. Forse i tempi serrati per l'organizzazione del grande evento del 27 gennaio avrà distratto i componenti dell'una e dell'altra parte ma siamo fiduciosi che presto un punto di incontro sarà trovato.

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