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Dad (Come d’amore disperato...)

Dad (Come d’amore disperato...)

Una settimana fa in terra di Lombardia è ripartita la Dad (Didattica a distanza) per alcune classi della primaria, tra le quali quella di mia figlia, per un caso di sospetto Covid. Sull’Italia tutta, nel frattempo, si abbattono i nuovi inevitabili DPCM. E voilà Calabria e Lombardia sono equiparate come non mai, dove non ha potuto l’unità di Italia ci è riuscito il virus. Con qualche distinguo però: la Lombardia è zona rossa, e quindi fra le regioni con maggiori restrizioni, per numero di contagi, in Calabria ciò accade per mancanza di strutture ospedaliere.

Per essere chiari e concisi: è meglio tutelarsi prima, non ammalarsi, perché gli ospedali non ci sono. Si levano le proteste, eppure… non è proprio una novità che la sanità in Calabria non sia delle più efficienti, volendo usare un eufemismo. Il “turismo sanitario” esiste da sempre. La Calabria è terra amara e bellissima, reale nella sua bellezza e nelle sue problematiche, non un paesaggio da Instagram fatto da bergamotti e mandarini, con buona pace di Muccino. La Calabria paga lo scotto di politiche inadeguate e predatorie. La Calabria da sempre è terra violentata e predata, sulla quale i diversi governi regionali (e nazionali) hanno banchettato a più riprese, facendone scempio, privandola di ogni diritto e tutela. Tutto ciò è stato quasi sempre accettato dalla maggior parte dei cittadini con rassegnazione e disincanto, “è così che vanno le cose”, ma le cose non vanno così, e non dovrebbero andare così. Le proteste risultano essere tardive, la scure dei tagli sulla sanità pubblica calabrese doveva essere combattuta, il nostro voto non avrebbe mai dovuto essere merce di scambio. Gli amici degli amici non avrebbero dovuto essere i nostri rappresentanti. Il famoso e famigerato piatto di lenticchie ora risulta essere più che mai indigesto, per chi ha ancora la capacità di leggere gli eventi. Non esiste un eterno presente, c’è un prima, e a quel prima che dovremmo rivolgere la nostra rossa rabbia, così come è accaduto nella città di Cosenza, dove si è manifestato contro i tagli alla sanità pubblica. Come diceva lo scrittore Terry Brooks: “le verità ovvie sono i figli inutili del senno del poi”. Ciò non vuol dire, a parer di chi scrive, non manifestare perché non si è fatto prima (taluni, in vero l’hanno fatto, mi annovero fra quelli) ma non cercare un capro espiatorio nel novello DPCM (con il quale, per carità, si può essere più o meno d’accordo, o in totale dissenso) ma ricercare i responsabili reali di questo disastro, che avrà un impatto drammatico sull’Italia tutta, e soprattutto su terre come la Calabria dal PIL fragile, volendo essere clementi. “Non potranno mentire in eterno. Dovranno pur rispondere prima o poi alla ragione con la ragione, alle idee con le idee, al sentimento con il sentimento”. Scriveva Pasolini… E mentre mi perdo in queste riflessioni l’acronimo Dad si riveste di nuovo significato, non più didattica a distanza, bensì d’amore disperato. Per la Calabria, di cui sono figlia, e per Ginevra, di cui sono madre. Ginevra che pur non essendo una bambina particolarmente capricciosa o lamentosa, non lo è affatto in realtà, e nonostante abbia solo 7 anni ha già dimostrato di saper lottare, vincere, difronte al pc piange. E piange di frustrazione, e la frustrazione a 7 anni dovrebbe essere data da un giocattolo rotto o da un rimprovero, non dall’impossibilità di partecipare ad una lezione. Perché se ne va la linea, perché il computer si blocca, perché il microfono funziona a singhiozzo, perché pur usando cellulare e pc di due strumenti non riusciamo a farne uno decente. Perché le mie competenze tecnologiche sono quelle che sono e perché semplicemente, misteri del fato più che della tecnologia, quando bisogna fare qualcosa di importante (e la scuola è importante! Ricordiamocelo a proposito di tagli in Calabria ed Italia tutta) i potenti mezzi della tecnologia si azzerano, o quasi. E non è un problema solo mio, nostro, ho udito altre mamme e bimbe, bimbi, e papà, dire gli ormai famosissimi “Ci vedete?”, “Ci sentite?”, “Non vi vediamo (però vi sentiamo)”, “Non vi sentiamo (però vi vediamo)”… E Ginevra in questo marasma di voci e deliri da chat e classroom crolla. E piange. Ed io con lei. Ed io per lei. Per la mia terra mamma. Per la mia bimba figlia. Il merlò è servito, ed in esso si mescola la rabbia data dall’impotenza (mia) e dall’incapacità di politicanti che hanno disatteso speranze e prospettive. E non è la Dad il peggiore dei mali che affligge i nostri figli, le nostre figlie, ma è il mondo che stiamo lasciando loro in eredità.

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