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Mascherine, un’indagine coinvolge di nuovo l’italo-marocchina Chaouqui In evidenza

La Chaouqui in una conferenza di qualche anno fa a San Sosti La Chaouqui in una conferenza di qualche anno fa a San Sosti
Agos

 

SAN SOSTI - Ricordate Francesca Immacolata Chaouqui, la pierre originaria del borgo del Pettoruto coinvolta in Vatileaks? Bene, per lei ora si ipotizza il reato di ricettazione. È stata un’indagine della Procura di Roma avviata alcuni mesi fa e relativa ad una maxi-commessa da 72 milioni di euro per l'acquisto di 801 milioni dispositivi di protezione individuali dalla Cina nella prima fase della pandemia da Coronavirus a far tornare alla ribalta la nota pierre. Ma lei – essendo in uno Stato garantista – ha affidato all’Agenzia “Adnkronos” la sua pronta replica: «Sono sbalordita – afferma – è tutto pazzesco. È un errore perché io curo solo la comunicazione e sono pagata per una attività lecita e alla luce del sole. Delle mascherine non so nulla. I Pm mi convochino subito, chiarirò tutto: è davvero un trauma».

In attesa che si faccia chiarezza in merito, nel procedimento, affidato ai pubblici ministeri che si occupano dei reati contro la pubblica amministrazione, sono indagate quattro persone. I reati ipotizzati, a seconda delle posizioni, sono di traffico di “influenze” illecite e ricettazione. Per quest'ultima fattispecie è stata iscritta Francesca Immacolata Chaouqui, italo-marocchina con origini di San Sosti, già coinvolta nella vicenda Vatileaks. Gli altri indagati sono l'ingegnere Andrea Vincenzo Tommasi, a capo di una società al centro dell'indagine; Mario Benotti, giornalista Rai ora in aspettativa, e Antonella Appulo.  I finanzieri del nucleo valutario della Guardia di Finanza, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, hanno proceduto ad una serie di perquisizioni presso società riconducibili agli indagati e acquisizioni documentali. L'attività di acquisizione dei finanzieri è avvenuta presso la sede del Commissario straordinario della Protezione civile ma nel procedimento è confermata l’estraneità sia il Dipartimento quanto per il commissario straordinario per l'emergenza Covid, Domenico Arcuri. Francesca Immacolata Chaouqui, invece, ribadisce sempre nella nota d’agenzia che «Non si spiega come essere finita nell'inchiesta della Procura di Roma sulle maxi commesse dei dispositivi comprati dalla Cina nel corso della prima ondata di pandemia. "Sono sbalordita – aggiunge all'Adnkronos. Io sono un fornitore di servizi per queste società, nel senso che ne ho curato l'immagine: trovo il tutto surreale. Col mio avvocato stiamo compulsando gli uffici della Procura per farmi ascoltare subito dagli inquirenti, e pazzesco. Non so nulla della vicenda delle mascherine, ho un contratto di fornitura di pubbliche relazioni, di ufficio stampa e messa in onda net canale YouTube 'Un democristiano in borghese' e nient’altro. Delle mascherine lo ho appreso dai giornali, curo solo l'ufficio stampa di questa società». Si dice ancora “sconcertata dall'errore fatto” la Chaouqui e di come «la notizia dell'inchiesta sia piovuta come un fulmine a ciel sereno». Giura ancora «Non c'entro nulla, io sono un'agenzia di pubbliche relazioni. Non ho idea, non so come sia possibile. Essere coinvolta in questa vicenda con persone che io non ho mai sentito nominare è surreale. Sono convinta che appena i Pm mi ascolteranno si chiarirà tutto ma ora e un trauma assoluto perché in questi giorni io seguivo queste società solo come ufficio stampa". La pierre riflette infine sul reato contestato: "Mi si contesta la ricettazione, cioè avere preso soldi da proventi illeciti ma io come potevo sapere che sono illeciti posto che lo siano? lo sono una persona per bene, anche i finanzieri si sono resi conto della attività che svolgo, alla luce del sole». Perciò vorrebbe essere sentita subito dagli inquirenti: "I Pm sono persone serie, io devo chiarire immediatamente. Noi gestiamo social, l'ufficio stampa, democristiano in borghese, la parte di pubbliche relazioni in modo legate e sotto la luce del sole e sono stata pagata per attività lecita. Inoltre tutta la mia azienda interviene a fatti già compiuti. Non si spiega perché come società di comunicazioni ora ci troviamo così».

 

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