Il centro commerciale, Masha ed Orso, io e mio padre
- Scritto da Anna De Blasi
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- Pubblicato in Diario di una donna trafelata
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Riprende il ritmo delle cose, fra alti e bassi emotivi, l’attesa di un pieno autunno, (adoro questa stagione), le piogge sottili settembrine, i primi raffreddori, la scuola materna e le visite al centro commerciale. Come ho avuto modo più volte di scrivere non amo particolarmente questi posti, dei non luoghi, dove il senso dello stare assieme si svilisce in qualche modo, e dove fra acquisti compulsivi e le varie “offerte incredibili” anche noi diveniamo un po’ merce, confusi con i prodotti che acquistiamo. Come se essi riuscissero a riscattare in qualche modo le frustrazioni che assimiliamo. Che subiamo. Delle quali, a volte, ci nutriamo. Detto ciò devo ammettere di essere distratta (capita la domenica di essere senza qualcosa che ci serve), ed aggiungere, cosa ancora più rilevante, che i fine settimana il centro commerciale di solito organizza incontri fra bimbi ed i loro “idoli”. Ginevra, due anni e mezzo, ha il diritto, al momento, di essere anche conforme, di amare ciò che amano tutti i bimbi (già canta CCCP ed affini, non vorrei venisse crocifissa in sala mensa...).
E così in un sabato mattina di ordinaria amministrazione mi sono recata con prole ed amica, a sua volta con prole, al centro commerciale: incontro, ed immancabile foto, con Masha ed Orso. Neanche a dirlo, fila chilometrica, mamme più impazienti dei figli (anche un po’ prepotenti ed oltremodo urlanti…) ed io e Ginevra in fondo alla fila. Come all’università, ai concerti, sempre in ritardo, sempre in fondo. Nel solco di una tradizione. In tutto ciò spesa da fare, aria condizionata fredda, foto da fare a Ginevra per la scuola materna, un giro nei negozi agognato (una volta che ci sono nel “Tempio del peccato” mi sono lasciata corrompere totalmente). Il desiderio di andare via è fremente, ma poi Ginevra felice inizia a dire “Ciao Orso, ciao Masha, sono quiiiiiiiiii” e stoicamente, malgrado la claustrofobia, resisto. Un ricordo mi accarezza: mio padre che torna dal lavoro, stanco senza essere mai stanco, immancabile sigaretta accesa, come in un film di Humphrey Bogart, una doccia, il motore acceso, e l’incontro per me con i miei idoli di allora: Cristina D’avena prima, ed un po’ più tardi Fiorello. E’ cosi forte la presenza e l’odore di nicotina, la spavalda sicurezza di un uomo che mi accompagna verso i miei desideri e sogni di bimba, e di adolescente, da commuovermi. Ed ancora una volta passato e presente si fondono, divenendo un’unica prateria dell’anima. In un centro commerciale attraverso fasi della mia vita, ormai andate ma sempre così presenti. Una lacrima furtiva per ciò che è stato e mai più sarà, per ciò che troppo velocemente è divenuto ricordo, e poi Ginevra che mi sorride, Ginevra che stringe la mano di Masha, Ginevra che accarezza Orso, in quel sorriso vi è il confluire della vita, di ciò che è stato, di ciò che è, di ciò che sarà. Tutte le mie stagioni ferme in un’istantanea, con Ginevra che sorride ai suoi idoli, e l’anima ritorna leggera, mentre nell’aria, ancor una volta, quell’odore pungente di nicotina mi abbraccia.
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