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“Una vittoria straordinaria”, pagine sportive d’altri tempi

“Una vittoria straordinaria”, pagine sportive d’altri tempi

Paolo Cucci si affaccia sul vasto e variegato mondo della scrittura attraverso un racconto marcatamente autobiografico in cui convivono immagini, impressioni e sensazioni che accompagnano gli eventi di una insolita giornata del maggio 2016.
Le lacrime di gioia per un trionfo sportivo inaspettato si mescolano a quelle dell’amarezza per l’improvvisa perdita di un fratello e lo stupore della vittoria si fonde con l’angoscia del lutto in una sorta di nostalgica pellicola che consente all’autore di rievocare sprazzi di esistenza felice plasmati dal calore familiare e dal fervore della passione sportiva.

La tenacia e il sacrificio mostrati sul campo dai grintosi calciatori dell’Istituto Comprensivo “Rita Levi Montalcini” di Spezzano Albanese trasformano quella fatidica mattinata, innescando nella mente di Cucci un flashback capace di far rivivere le interminabili partite adolescenziali giocate su improvvisati campetti partenopei e le molteplici e silenziose cure del compianto fratello Guido orientate a far evolvere la normale vivacità giovanile di Paolo in vera e propria crescita sportiva professionale.
L’autore coglie l’occasione per offrirci, con tocco realistico e delicato, uno spaccato della Napoli degli anni Settanta con le sue eterne bellezze e le altrettanto durevoli contraddizioni. Emozionante, a tal proposito, è la descrizione della prima esperienza in veste di spettatore allo stadio “San Paolo”. Il sostegno alla squadra del cuore diviene occasione per saldare ulteriormente legami familiari e sperimentare le espansive manifestazioni di gioia di perfetti sconosciuti che, in preda all’euforia del goal, non esitano ad abbracciarsi e a condividere la festosità del momento in nome dell’attaccamento ai colori sociali della propria compagine sportiva.
La città partenopea è colta nell’attimo di maggiore aggregazione ed è fissata sulla pagina con la sensibilità di un bambino che si stupisce di non trovare allo stadio la rassicurante voce del telecronista che, nelle seguitissime dirette televisive e radiofoniche, accompagnava, passo dopo passo, le azioni dei campioni sul rettangolo di gioco.
Altrettanto nitido è il quadro relativo a Spezzano Albanese, cittadina arbëreshe in cui la famiglia Cucci si trasferisce intorno alla fine degli anni Settanta. Ancora una volta, l’autore coglie la realtà attraverso il filtro dello stupore di chi si ritrova in una comunità dalla lingua antica e musicale che è in procinto di sdoganarsi dalle secolari tradizioni contadine per avviarsi gradualmente verso un percorso di modernità. Anche nel nuovo ambiente lo sport diviene elemento aggregante in grado di gettare le basi per interessi comuni e amicizie durature.
La presenza di Guido aleggia, costante e protettiva, tra le pagine del racconto e muta forma, pur rimanendo la medesima in intensità: l’affabilità, la passione per l’arte, per il lavoro e per lo sport costituiscono un bagaglio di valori e un sicuro sostegno anche nell’assenza terrena, consentendo all’autore di assaporare la vicinanza del fratello scomparso nei momenti cruciali della vita.
La scrittura assume pertanto la funzione di strumento terapeutico per mezzo del quale Cucci rielabora il dolore di un distacco e infonde il vigore di un’ampia esperienza maturata sotto il profilo umano ed educativo tanto nelle aule scolastiche quanto sui campi di gioco.
La cifra comune del libro di Paolo Cucci è uno sport dal sapore di altri tempi, lontano anni luce dalle sfavillanti vetrine mediatiche, dagli sproporzionati contratti di ingaggio, dalle nefaste sostanze dopanti e dai poco trasparenti giri di scommesse.
È, al contrario, uno sport esemplare, fatto di sacrifici e sudore, di risultati insperati conquistati sul campo con faticoso allenamento e granitica motivazione: è, in buona sostanza, metafora di quella che è la provincia italiana, laboriosa e silenziosa, ma che, a conti fatti, rappresenta la vera e propria riserva etica del Paese.
Cucci ci offre l’immagine di uno sport in cui i miracoli appaiono ancora possibili e un piccolo drappello di studenti-calciatori è in grado di sovvertire i pronostici e vincere una finale regionale di calcio a cinque contro avversari dati già in partenza per favoriti.
Ne vien fuori l’intramontabile fascino dell’impresa, dell’improbabile che assume corpo e si trasforma in realtà, del trionfo della volontà contro le situazioni erroneamente date per scontate.
Leggendo le pagine di “Una vittoria straordinaria” ritornano alla mente le parole del coltissimo Gianni Brera (1919-1992) ‒ fine conoscitore di vini, sport e umanità ‒ che, descrivendo le imprese sportive come mezzo di riscatto personale e sociale, raccontò la vicenda di un leggendario “provinciale” del ciclismo, Fausto Coppi, divenuto campione a suon di pedalate. Egli scalò le vette non pensando alla vicinanza del traguardo, ma immaginando semplicemente la lontananza dalla miseria del punto di partenza. Riuscì pertanto a costruire attorno a sé l’immagine di un eroe moderno che il già citato Brera celebrò in questi termini: «Ha sofferto l’esistenza dei poveri e le si è ribellato con sacrifici di epica imponenza».
Nella nostra epoca caotica e superficiale, gli esempi dei campioni del passato e i racconti dal profondo sapore educativo, come quello di cui Paolo Cucci è autore, aprono un varco alla speranza, mostrando con semplicità e realismo l’enorme importanza dei valori sportivi di lealtà e impegno.
Ne vien fuori un costruttivo messaggio intriso di attaccamento alla vita e fiducia nell’avvenire ed è forse questo il modo migliore per onorare la memoria di Guido.

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